Casa coniugale assegnata alla ex moglie ed utenze.
In caso di separazione coniugale la casa coniugale, come è noto, e a prescindere dal titolo di proprietà, viene molto spesso in presenza dei figli assegnata alla ex moglie, che, essendo titolare di un diritto di abitazione di natura impropria (in quanto legato alla assegnazione) dovrà farsi carico delle utenze (energia elettrica, gas e acqua) e, se le utenze stesse erano intestate al marito, dovrà provvedere, subito dopo l’assegnazione, alla voltura.
Spesso l’ex moglie non provvede a tale adempimento, così che le bollette continuano ad arrivare a nome dell’ex marito.
Molti Tribunali hanno stabilito che il coniuge assegnatario della casa coniugale subentra in tutti i diritti e i dovesi correlati al godimento del bene che gli è stato riconosciuto a seguito di decreto di omologa della separazione o di sentenza.
In altri termini, il coniuge assegnatario della casa coniugale (spesso la ex moglie, come si è detto) ha il diritto, ma anche il dovere, di provvedere alla voltura a suo nome delle utenze relative all’immobile che – salvo diversa decisione giudiziale – saranno totalmente a suo carico.
In caso di mancata voltura, bisogna tener presente che il nostro ordinamento giuridico non consente di farsi giustizia da sé; è necessario, quindi, rivolgersi al Giudice per ottenere un ordine di pagamento in proprio favore nel caso in cui l’ex moglie, assegnataria della casa coniugale, non abbia provveduto ad effettuare la voltura e, ancor di più, al pagamento delle utenze.
In questo caso, l’ex marito, con il provvedimento di assegnazione della casa coniugale e le ricevute di pagamento delle bollette successive a tale assegnazione, può ottenere dal Tribunale un decreto ingiuntivo nei confronti della ex moglie. Potrà ricorrere al Giudice affinché questi emetta un ordine a provvedere alla voltura delle utenze.
Questa è, dunque, la strada che l’ex marito deve seguire per recuperare i soldi anticipati a seguito del pagamento delle utenze rimaste ancora intestate a suo nome.
Se dovesse verificarsi l’eventualità in cui, quindi, la moglie non effettua le volture, il marito intestatario non potrà farsi giustizia da sé, e non può quindi staccare le utenze rimaste intestate a suo nome.
Il nostro sistema normativo si basa infatti sul principio secondo il quale il cittadino deve lasciare che sia lo Stato ad amministrare la Giustizia, abbandonando ogni proposito di far valere autonomamente propri diritti. Chi ritenga, infatti, di avere un diritto, deve consentire che sia un Giudice a dichiarare che quel diritto effettivamente sussista, senza cedere alla tentazione di prendere autonome e immediate contromisure.
Staccare la luce è quindi possibile, ma solo dopo che il Giudice abbia emesso una sentenza in tal senso.
In difetto, si ricade nella applicazione dell’articolo 393 del codice penale che punisce il cosiddetto “esercizio arbitrario delle proprie ragioni”.
Questo principio viene ribadito dalla Corte di Cassazione che nel marzo del 2019, con la sentenza numero 13407/2019 ha condannato un uomo a rispondere del reato previsto dall’articolo 393 c.p., per aver disdetto le utenze della casa coniugale assegnata alla ex che rifiutava di effettuare la voltura.
Se l’ex rifiuta di volturare le utenze, occorre innanzitutto evitare di cedere alla tentazione di smettere di pagare per provocare il distacco per morosità.
Esiste, infatti, un diritto alla salute che non può essere ignorato, specie quando si parla della salute dei figli minori che si trovano in casa.
È evidente che il distacco di gas, acqua ed energia elettrica comporterebbe l’esposizione della prole a condizioni di estremo disagio e di rischio per la salute.
Il coniuge non assegnatario, pertanto, dovrà ricorrere al giudice per ottenere l’autorizzazione al distacco delle utenze. Per la restituzione del denaro relativo alle bollette pagate, potrà successivamente, ottenere un decreto ingiuntivo che lo autorizzi al recupero forzoso del credito.
È bene conoscere questo principio, per evitare che, nella convinzione di esercitare un proprio legittimo diritto, si possa correre il rischio di una denuncia e di un relativo processo penale, come è accaduto nel recente orientamento della Corte di Cassazione sopra menzionato.
Un atteggiamento del genere, infatti, rischierebbe di acuire la conflittualità tra gli ex coniugi e turbare la serenità dei figli per problematiche facilmente e diversamente risolvibili.
Avvocato Francesca Ursoleo
Consulente legale UPPI BOLOGNA