Le tipologie dei contratti di locazione

IL PRELIMINARE DI COMPRAVENDITA

Il termine “compromesso” è sovente, impropriamente, utilizzato per indicare il contratto preliminare di vendita di un bene immobile

È un contratto a tutti gli effetti, con cui le parti, intenzionate a concludere una futura compravendita – e denominate rispettivamente promissario acquirente (chi acquista) e promittente alienante (chi vende) – si obbligano a stipularla in un momento successivo.

Il preliminare di vendita (come del resto qualsiasi contratto preliminare) ha effetti obbligatori: determina infatti l’obbligo per i contraenti di prestare il consenso in occasione della futura vendita.

Gli effetti (reali e obbligatori) tipici di quest’ultima (trasferimento della proprietà, pagamento del prezzo, consegna del bene…) si producono invece solo con la stipula dell’atto pubblico definitivo.

Alla sottoscrizione del preliminare, le parti sottoscrivono un vero e proprio contratto in cui si obbligano a concludere il contratto di vendita definitivo in un momento successivo.

Nella prassi, il ricorso al preliminare di vendita è molto frequente, perché consente di soddisfare due distinte esigenze:

  • permette alle parti di vincolarsi reciprocamente per il futuro, garantendo cioè che nessuna di esse possa sottrarsi alla stipula del contratto definitivo, senza che sia necessario concluderlo immediatamente;
  • consente inoltre di sfruttare l’intervallo temporale intercorrente tra il preliminare e il definitivo, per mettere a punto tutta una serie di adempimenti prodromici e funzionali alla vendita (richiesta di un mutuo per l’acquisto dell’immobile, trasloco ecc.…).

La legge non prevede una disciplina specifica del contratto preliminare, ma è assolutamente necessario rivolgersi a persone qualificate ed esperte per evitare possibili problemi, truffe o raggiri.

Muovendo da queste premesse, gli elementi essenziali che il preliminare di vendita immobiliare deve contenere sono:

  • il consenso delle parti,
  • la forma scritta,
  • l’esatta indicazione del bene immobile oggetto di vendita (indirizzo, tipologia, dati catastali…),
  • il prezzo.

Va da sé che, più il contenuto del preliminare è dettagliato ed esaustivo e minori saranno i dubbi che potranno sorgere in sede di stipula del contratto definitivo.

Le parti possono arricchire il contenuto minimo del contratto preliminare inserendovi clausole aggiuntive.

Si parla a tal proposito di clausole accessorie, nel senso che il contratto esiste in ogni caso, anche se non vengono apposte, ma una volta incluse possono condizionarne validità ed efficacia.

Si tratta di clausole solitamente previste a tutela di una o entrambe le parti contraenti.

Le più frequenti sono:

  • il termine per la stipula del contratto definitivo: solitamente le parti indicano la data entro cui sottoscrivere il successivo contratto di compravendita, in modo da circoscrivere temporalmente il proprio impegno reciproco.
    Di regola il termine previsto nel preliminare non è da considerarsi essenziale, salvo che dalle espressioni utilizzate, dall’oggetto e dalla natura del contratto, non emerga la volontà inequivocabile delle parti di qualificarlo in tal senso;
  • la caparra ( 1385 c.c.): non è infrequente che il promittente venditore chieda al promissario acquirente il versamento di una somma di denaro per confermare la serietà dell’impegno assunto (c.d. caparra confirmatoria). Se tutto procede regolarmente la caparra viene restituita o imputata al pagamento del prezzo del contratto definitivo. Se invece una delle parti è inadempiente alle obbligazioni previste dal preliminare, l’altra parte potrà recedere dal contratto, trattenendo la caparra ricevuta o esigendo il doppio dell’importo versato.

La caparra può essere prevista anche a titolo di corrispettivo della facoltà di recesso dal contratto (c.d. caparra penitenziale). In tal caso, una volta corrisposta, la parte potrà scegliere se adempiere le obbligazioni previste oppure recedere dal contratto: se opta per il recesso dovrà rinunciare alla caparra versata o restituire un importo doppio;

  • la clausola penale ( 1382 c.c.): le parti possono anche prevedere che, in caso di inadempimento totale o parziale di una di esse, quella inadempiente sia tenuta a pagare una determinata somma di denaro (la c.d. “penale” appunto). In tal caso la penale è prevista a titolo di risarcimento del danno, mentre è esclusa la risarcibilità di danni ulteriori salvo espressa previsione. A differenza della caparra, la penale può essere prevista anche per il sol ritardo nell’adempimento della prestazione (ad esempio per ogni giorno di ritardo rispetto alla data fissata per la stipula del contratto definitivo).

Si è detto che il termine di stipula del definitivo non rappresenti un elemento essenziale del “compromesso”, anche se solitamente le parti lo prevedono in modo da circoscrivere temporalmente le reciproche obbligazioni.

Può comunque accadere che le parti scelgano di non farne menzione: in tal caso come orientarsi e soprattutto, quando è possibile richiedere la prestazione?

Richiamando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (Cass. n. 2700/1956, Cass. sez. 3 n. 19414/10, Cass. sez. 3 n. 15796/09), la Corte di Cassazione ha affermato che se nel preliminare non è indicato un termine per adempiere, la parte che vi ha interesse può esigere l’esecuzione immediata della prestazione (Cass. Sez. II Civile, sent. n. 21647/2019).

Si applica quindi il principio previsto all’art. 1183 primo comma c.c., secondo cui se non è fissato un termine per l’adempimento della prestazione il creditore può esigerla immediatamente.

Immediatezza, che tuttavia va declinata rispetto allo specifico rapporto in esame: spetterà infatti al Giudice, chiamato a dirimere la controversia sorta a seguito dell’inadempimento, apprezzare la congruità del tempo intercorso tra il preliminare e la richiesta avanzata, alla luce dei parametri di cui all’art. 1183 secondo comma c.c.

Supponiamo invece che le parti, come spesso accade, abbiano fissato il termine entro il quale sottoscrivere il contratto definitivo e che per una serie di circostanze non sia possibile rispettarlo.

La data prevista per il rogito può essere posticipata? È quindi ammesso un differimento, oppure il termine concordato dalle parti deve ritenersi perentorio?

Anche in tal caso giunge in soccorso la Cassazione; la Corte chiarisce infatti che, in tema di preliminare di compravendita, il termine stabilito per la stipula del contratto definitivo di regola non è da ritenersi essenziale (Cass. ord. n. 9226/2020), dunque inderogabile.

In particolare, deve ritenersi che espressioni quali “entro e non oltre il…” o formule di tenore analogo non integrino la previsione di un termine essenziale.

Il termine potrà ritenersi tale solo quando, all’esito di un’indagine riservata al giudice di merito – da condurre peraltro alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e soprattutto della natura e dell’oggetto del contratto – risulti l’inequivocabile volontà delle parti di considerare ormai persa l’utilità economica dell’accordo, a causa dell’infruttuoso decorso del termine.

Un’ipotesi residuale quindi, la sola in cui il mancato rispetto del termine indicato nel preliminare può legittimare lo scioglimento del contratto.

Negli altri casi deve invece ritenersi che, in presenza di un impedimento oggettivo che precluda di rispettare la data del rogito, ciascuna parte possa chiedere una proroga, purché il differimento sia giustificabile e congruo, oltre che inidoneo a pregiudicare l’utilità della prestazione.

Una domanda tra le più frequenti è se il preliminare di vendita debba essere registrato o meno.

La risposta è affermativa, anche se è opportuno distinguere il profilo fiscale da quello strettamente civilistico.

A differenza di quanto accade con altre tipologie di contratti (ad esempio quello di locazione), il preliminare, purché corredato di tutti gli elementi essenziali, resta comunque valido ed efficace anche se non viene registrato, vincolando le parti alla stipula del definitivo.

La registrazione rappresenta infatti un adempimento prescritto a fini esclusivamente fiscali (D.P.R. 131/1986, Tariffa parte 1 articolo 10), la cui inosservanza espone le parti alle conseguenti sanzioni ma non preclude al contratto di spiegare i suoi effetti obbligatori.

L’obbligo di registrazione grava:

  • sulle parti;
  • sul Notaio, se il preliminare è redatto in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata;
  • sull’eventuale mediatore immobiliare che ha favorito la conclusione dell’accordo tra le parti e che in tal caso resta obbligato solidalmente con queste ultime.

Il termine entro cui dev’essere effettuata la registrazione è di:

  • 20 giorni, se l’atto è stato stipulato privatamente tra le parti;
  • 30 giorni se è stato redatto dal Notaio;
  • 60 giorni se è stato sottoscritto all’estero ma riguarda un immobile presente in Italia.

La registrazione ovviamente ha dei costi, da corrispondere a titolo di:

  • imposta di registro, dovuta in misura fissa pari a 200,00 euro;
  • imposta di bollo (16,00 euro ogni 4 facciate dell’atto e comunque ogni 100 righe, oppure 155,00 euro se l’atto è rogato dal Notaio).

Se con il preliminare le parti convengono poi il pagamento di somme a titolo di caparra o acconto, ai costi predetti si aggiunge anche l’imposta di registro in misura proporzionale, pari allo:

  • 0,50% delle somme previste a titolo di caparra confirmatoria;
  • 3% delle somme previste a titolo di acconto sul prezzo di vendita, se l’acconto non è soggetto ad IVA. Se invece è soggetto ad IVA si applica l’imposta di registro in misura fissa.

L’art. 2645 bis c.c. prevede che i contratti preliminari aventi ad oggetto la conclusione (tra gli altri) di contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili, anche se sottoposti a condizione o relativi a edifici da costruire o in corso di costruzione, devono essere trascritti se risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.

Seppur altamente consigliata per i motivi che vedremo, la trascrizione del “compromesso” non è quindi obbligatoria, ma lo diventa solo se l’atto è stipulato dal Notaio.

La trascrizione del contratto preliminare di vendita presenta indubbi vantaggi.

Oltre a garantire certezza al sistema pubblicitario, si rivela infatti una cautela particolarmente utile per il promissario acquirente, rendendo inefficaci nei suoi confronti eventuali operazioni relative all’immobile (ad esempio altre vendite dello stesso bene in favore di terzi) e in generale tutti gli atti, compiuti o “subiti”, dal promittente venditore.

Supponiamo ad esempio che, una volta concluso il preliminare, il promittente alienante si accordi anche con terzi per trasferire loro il medesimo bene: qualora sia prioritaria, la trascrizione effettuata dal promissario acquirente potrà essere validamente opposta ai terzi, salvaguardando il suo futuro acquisto.

Un ulteriore vantaggio è che la trascrizione del contratto definitivo (o della sentenza che tiene luogo dell’eventuale contratto non concluso) ha un effetto c.d. “prenotativo” (art. 2645 bis secondo comma c.c.), facendo retroagire l’acquisto alla data di trascrizione del preliminare (o della domanda giudiziale promossa ex art. 2932 c.c. – si veda paragrafo 8), come se la vendita fosse stata conclusa allora.

La trascrizione del preliminare tutela, inoltre, l’acquirente anche in caso di inadempimento dell’altra parte, riconoscendo ai crediti che sorgono in conseguenza di tale inadempimento privilegio speciale sull’immobile oggetto del preliminare.

Vi è tuttavia un aspetto da considerare, e di non poco conto: gli effetti della trascrizione cessano e si considerano mai prodotti se entro un anno dalla data convenuta per la stipula del definitivo, e comunque entro tre anni dalla trascrizione stessa, non risulta trascritto il contratto definitivo, oppure altro atto che costituisce esecuzione del preliminare, o la domanda proposta ex art. 2932 c.c.

Si è detto che, malgrado rappresenti una delle clausole accessorie più frequenti, la previsione del termine di stipula del contratto definitivo non è un elemento essenziale del preliminare di vendita.

Ma se le parti non hanno previsto un termine entro cui adempiere, quanto dura un “compromesso”? Fin quando, cioè, le parti sono vincolate alle rispettive obbligazioni?

In assenza di iniziative, se cioè nessuna delle parti si attiva chiedendo l’adempimento della prestazione all’altra, il compromesso è soggetto al termine di prescrizione ordinario, ovvero dieci anni dalla stipula del contratto, decorsi i quali le parti non sono più vincolate a concludere il definitivo.

Il termine decennale vale ovviamente anche se le parti hanno previsto la data del rogito ma l’hanno fissata a distanza di molti mesi, se non addirittura anni, dalla sottoscrizione del preliminare.

Il “compromesso” è infatti fonte di meri effetti obbligatori tra le parti, che restano validi e possono protrarsi anche per lungo tempo, compatibilmente con il termine di prescrizione indicato.

Se la data del rogito è stata prevista e il contratto preliminare trascritto, oltre al termine di prescrizione ordinaria dovrà tenersi conto anche del termine annuale (o comunque triennale), decorso il quale, in difetto di stipula e conseguente trascrizione del definitivo (o di atto equivalente), la trascrizione del contratto preliminare perde efficacia.

Può accadere che, dopo aver stipulato il preliminare, una delle parti rifiuti di sottoscrivere il contratto definitivo. Un’eventualità tutt’altro che infrequente, che può verificarsi per i motivi più disparati e in risposta alla quale l’ordinamento prevede vari strumenti di tutela.

In primis, la parte “non inadempiente” può agire giudizialmente, ai sensi dell’art. 2932 c.c., per ottenere una sentenza che tenga luogo del contratto definitivo non concluso (c.d. esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre).

In tal caso la sentenza (costitutiva) sostituisce il consenso, producendo gli stessi effetti del contratto non concluso e la domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. può essere trascritta presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, con i medesimi effetti (cautelativo e prenotativo) conseguenti alla trascrizione del preliminare.

A tal fine, affinché la domanda proposta trovi accoglimento, è necessario che la parte che ha agito giudizialmente esegua, o comunque si offra di adempiere la prestazione per cui si era impegnata in sede di stipula del contratto preliminare, salvo che questa non sia ancora esigibile.

Altro rimedio, seppur con risvolti opposti ed esperibile solo in caso di grave inadempimento, è la domanda di risoluzione del contratto (art. 1453 c.c.) e di risarcimento del danno.

Se nel contratto è prevista una caparra, la parte “non inadempiente” potrà infine recedere dal contratto, trattenendo la caparra o esigendo il doppio di quella versata; in tal caso, però, resta escluso il risarcimento del maggior danno. Fine modulo

Particolarmente diffuso nelle contrattazioni immobiliari, il contratto preliminare ad effetti anticipati si caratterizza per il fatto che le parti, nell’obbligarsi a prestare il consenso in occasione della stipula del contratto definitivo, convengono anche l’esecuzione anticipata di alcune delle obbligazioni da esso derivanti (la più frequente è la consegna anticipata dell’immobile al promissario acquirente, con o senza corrispettivo).

L’effetto traslativo (e quindi il trasferimento di proprietà) si verifica però solo in seguito alla stipula del contratto definitivo: ne consegue che la disponibilità del bene da parte del futuro acquirente non integra un possesso utile ai fini dell’usucapione, bensì una mera detenzione, seppur qualificata (Cass. SS. UU. sent. n. 7930/2008).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno concluso in tal senso, muovendo da una ricostruzione dell’istituto come frutto di un collegamento negoziale tra i contratti di comodato (quanto all’utilizzo anticipato del bene da parte del promissario acquirente) e di mutuo gratuito (quanto al pagamento del prezzo).

È sempre consigliabile, per non incorrere in spiacevoli sorprese, chiedere assistenza ad operatori esperti nel settore; l’assistenza qualificata evita insidie che potrebbero portare all’ insorgenza di situazioni complicate ed onerose da dirimere.

I nostri uffici sono a disposizione per le necessità del caso.

 

Claudio Contini