Condominio: disabilita' e ascensori

CONDOMINIO: DISABILITA’ E ASCENSORI

Un condomino, portatore di handicap, e quindi limitato nella propria capacità motoria, può procedere all’installazione di un ascensore, contro, o comunque a prescindere, la volontà degli altri partecipanti al condominio?

Innanzitutto, è bene ricordare come, a termini di legge, si considerino invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.

In ambito edilizio, tema centrale è quello delle barriere architettoniche, ossia: a) gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilita di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacita motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea; b) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di spazi, attrezzature o componenti; c) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.

In tema di condominio, in particolare, l’installazione di un ascensore su area comune, allo scopo di eliminare delle barriere architettoniche, costituisce un’innovazione, ai sensi dell’art. 1120 cod. civ. e come tale, è vietata, in linea generale, solo se arreca pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, o quando ne altera il decoro architettonico, o quando infine renda talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino (art. 1120 comma 4 cod. civ.).

Sul punto, è intervenuta la legge 09.01.1989 n. 13 intitolata “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”, la quale, all’art. 2 prevedeva un quorum agevolato per l’approvazione delle innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche, disponendo che i relativi lavori fossero approvati dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile.  Tale disciplina è stata invero recentemente modificata

Per effetto della legge di riforma del condominio, infatti, è sparito il riferimento ai partecipanti al condominio. Ora, infatti, sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. L’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.

Inoltre, e soprattutto, l’art. 28 della legge di riforma precisa che nell’art. 2 della legge 9 gennaio 1989 n. 13 le parole “con le maggioranza previste dall’art. 1136, secondo e terzo comma, del codice civile” sono sostituite dalle seguenti: “con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile”, che appunto richiama, a sua volta, il comma 2 dell’art 1136. Quindi, se è vero che si è eliminato il riferimento ai partecipanti al condominio, è altresì vero che dopo la riforma per approvare dette opere serve la metà del valore dell’edificio (mentre prima bastava un terzo del valore dell’edificio).

Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni volte all’installazione dell’ascensore, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garage, con i limiti di cui agli artt. 1120 e 1121 cod. civ.

Peraltro, la verifica della sussistenza di tali ultimi requisiti deve tenere conto del principio di solidarietà condominiale, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, trattandosi di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati e che conferisce comunque legittimità all’intervento innovativo, purché lo stesso sia idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione (Cass. Civ. Sez. VI Ordinanza 9 marzo 2017 n. 6129).

La citata decisione, peraltro, si inquadra nell’orientamento giurisprudenziale costantemente seguito negli ultimi tempi, secondo cui il singolo condomino può, a sue spese, installare un nuovo ascensore nello stabile condominiale. In quest’ottica, la limitazione, per gli altri condomini, dell’originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell’andito occupati dall’impianto di ascensore non rende l’innovazione lesiva del divieto di cui all’art. 1120 cod. civ., ove risulti che dalla stessa non derivi, sotto il profilo del minor godimento della cosa comune, alcun pregiudizio, non essendo necessariamente previsto che dall’innovazione debba derivare per il condomino dissenziente un vantaggio compensativo. Se pure resta eliminata la possibilità di un certo tipo di godimento, al suo posto se ne offre uno diverso, ma di contenuto migliore.

Ultima questione riguarda, nel caso di eliminazione delle barriere architettoniche a cura e spese di un solo condomino, la possibilità per questi di godere dei contributi a fondo perduto concessi dalla L. 13/1989. Orbene, quest’ultimo non potrà usufruire dei contributi ma tutte le spese rimarranno a suo carico. Resta, tuttavia, impregiudicato il diritto, riconosciuto ai non partecipanti, a subentrare nella fruizione dell’ascensore, a condizione, naturalmente, che procedano al rimborso della loro quota parte di oneri, comprensiva dei costi sia di realizzazione che di manutenzione.

 

Avv. Maria Beatrice Berti

Delegazione UPPI Imola