La revisione delle tabelle millesimali
Il commento del Presidente dell’UPPI di Pisa sulla recente sentenza della Corte
di Cassazione.
IL CONDOMINIO
Il condominio è stato definito un ente di gestione dalla giurisprudenza e dalla dottrina, fornito soltanto di soggettività giuridica poiché il legislatore del 1942 non ne ha qualificato la natura.Considerato che la relativa disciplina è inserita nel libro terzo del codice civile, inerente ai diritti reali sui beni, nel caso specifico beni immobili individuati dall’art. 812 c. c., la sua prevalenza concerne i poteri che ciascun condomino può esercitare sulle cose condominiali; ma un particolare rilievo hanno anche le obbligazioni, a carico degli stessi, le quali insorgono per mantenere i conseguenti diritti, che verrebbero meno se la consistenza dei beni decadesse per la loro mancata conservazione. In relazione ai concetti sia di necessità di ripartizione delle spese, per la manutenzione dei beni e dei servizi comuni, sia di compartecipazione alle decisioni concernenti le attività da espletarsi a favore del condominio, nel suo complesso, l’art. 68 disp. att. c. c., ha previsto che il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini.
LA FUNZIONE DELLE TABELLE MILLESIMALI
Le tabelle millesimali costituiscono normalmente un documento allegato al regolamento.Il condominio, infatti, necessita dell’esistenza di un criterio per la ripartizione fra i proprietari delle varie unità immobiliari, costituenti lo stabile condominiale, e in relazione al valore di ciascuna rispetto all’intero edificio, delle spese di gestione, ordinaria e straordinaria, delle parti e dei servizi comuni.Ai sensi dell’art. 1118 c. c., il diritto di ciascun condomino sulle cose comuni è proporzionato al valore della porzione di piano che gli appartiene.
Da tale enunciato, parte della giurisprudenza ha ritenuto che le tabelle millesimali sussistano già al momento in cui il fabbricato viene realizzato e sono costituite da quote espresse in percentuali numeriche e matematiche; la loro esistenza è indipendente dalla circostanza che non siano state ancora tradotte sulla carta dal costruttore o dall’assemblea, tenendo conto soltanto degli elementi oggettivi del fabbricato.La circostanza che tale criterio sia trascritto nel regolamento condominiale non è, pertanto, indispensabile, in quanto consente soltanto una agevolazione per l’amministratore allorché debba ripartire le spese, non una impossibilità materiale di ripartirle.
Nel determinare tali tabelle non si deve considerare né l’eventuale canone locativo, né le eventuali migliorie apportate ad un alloggio; devono invece considerarsi alcuni coefficienti riduttivi delle superfici reali dei singoli appartamenti per ottenerne una superficie virtuale, quali, ad esempio, il coefficiente di categoria catastale, il coefficiente d’altezza, il coefficiente di orientamento e quello di esposizione, il coefficiente di luminosità, esistenza di servitù attive o passive, e così via.Il rapporto tra la superficie virtuale di una singola unità immobiliare e il totale delle superfici virtuali di tutte le unità stesse determina il valore millesimale della singola porzione di piano. I suddetti criteri valutativi sono, peraltro, negoziabili in un’assemblea totalitaria dei partecipanti al condominio, considerato che l’art. 1123 c. c. è derogabile per volontà unanime dei condomini (Cass. civ., Sez. II, 9 agosto 2010, n. 18486).
LA FORMAZIONE E LA REVISIONE
Considerato che le tabelle millesimali non sono altro che una traduzione in termini matematici dei valori, già esistenti, dei piani o delle porzioni di piano costituenti l’edificio condominiale, nessuna norma prescrive che la formazione delle tabelle sia di esclusiva competenza di un determinato professionista e, dunque, qualunque soggetto esperto della materia può provvedere alla loro elaborazione, compreso l’amministratore del condominio.Anche se le tabelle millesimali sono una rappresentazione grafica-numerica di una situazione di fatto dell’edificio, si possono, a posteriori, verificare errori nella loro determinazione ovvero constatare modifiche intervenute nelle singole unità immobiliari che costituiscono il condominio.Il legislatore disciplina due differenti situazioni con l’art. 69 disp. att. c. c., norma che è inderogabile ai sensi del successivo art. 72.I valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, nei seguenti casi: a. quando risulta che sono conseguenza di un errore materiale di calcolo; b. quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o d’innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.Deve perciò trattarsi di errori materiali inerenti alla determinazione degli elementi di calcolo de quibus e non di errori meramente economici come la variazione dei valori commerciali delle singole unità immobiliari.Non deve neppure trattarsi d’errore vizio del consenso prestato dai condomini disciplinato dall’articolo 1428 c. c.; le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza del 9 luglio 1997, n. 6222, hanno, infatti, riconosciuto che l’errore di cui al n. 1 art. 69 in esame, si doveva ritenere riferito non al consenso di accettazione, da parte del condomino, delle tabelle millesimali, bensì alla loro determinazione tecnica (Cass. civ., Sez. II, 26 marzo 2010, n. 7300).E, d’altronde, l’errore di calcolo non dà luogo all’annullamento del contratto, ma solo a rettifica ai sensi dell’art. 1430 c. c., del quali il numero 1 del precitato art. 69 disp. att., costituisce un corollario specifico per la disciplina del condominio. È altresì possibile la revisione delle tabelle millesimali, allorché si accerti la sussistenza di rilevanti modifiche strutturali intervenute in un singolo appartamento, tali da alterare sensibilmente i rapporti millesimali originari e tali da determinare un danno di natura patrimoniale agli altri condomini.La modifica delle tabelle millesimali può avvenire o in sede assembleare o in sede giudiziaria, ma per entrambe le fattispecie si è discusso da una parte se la delibera debba essere adottata con il voto unanime di tutti i condomini o a maggioranza, dall’altra se sussista un litisconsorzio necessario tra loro.
LA REVISIONE ASSEMBLEARE
Le recenti sentenze nn. 18477 e 18478 della Suprema Corte di Cassazione, depositate il 9 agosto 2010, hanno affrontato e fornito una soluzione all’annosa questione del quorum deliberativo necessario per la revisione delle tabelle.
Le sentenze in esame hanno controbattuto le tesi delle singole sezioni della stessa Corte, di differente orientamento, con le seguenti osservazioni:
a. le tabelle millesimali rappresentano un’espressione aritmetica di un esistente rapporto di valore dei diritti di ciascun condomino e non incidono su tali diritti; la delibera condominiale effettua un mero riconoscimento che i valori esaminati siano in conformità al disposto legislativo e, pertanto, non può qualificarsi come un’attività negoziale.L’approvazione delle tabelle non costituisce l’obbligo, a carico dei condomini, di pagare le spese conservative e manutentive delle parti comuni, ma soltanto il parametro della loro ripartizione pro quota in base a una mera valutazione tecnica. “Il fine dei condomini è solo quello di prendere atto della traduzione in frazioni millesimali di un rapporto di valori preesistenti”.D’altronde se si tratta della determinazione del rapporto di valore di una singola unità con riferimento all’intero edificio, ciascun condomino può proporne la revisione ai sensi dell’art. 69 disp. att. c. c..
b. Un negozio di accertamento deve avere la forma scritta e, dunque, i condomini che non hanno partecipato alla formazione della delibera, in quanto assenti, non possono validamente manifestare il proprio consenso soltanto per facta concludentia. Non solo, se l’approvazione delle tabelle costituisce un negozio, sono vincolate a loro soltanto le parti contraenti e i propri successori a titolo universale, ma non gli aventi causa a titolo particolare, quali gli acquirenti delle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
c. Le quote di partecipazione alle spese condominiali scaturiscono dal rapporto tra il valore delle proprietà singole e quello dell’intero edificio, preesistente alla formazione delle tabelle e, conseguentemente, consentono di valutare la validità della costituzione dell’assemblea e delle delibere assunte, senza, quindi, condizionare lo svolgimento delle assemblee stesse, ma anzi agevolandone la gestione.L’art. 68 disp. att. c. c. stabilisce che i valori delle singole unità di proprietà esclusiva “devono essere espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio”. Considerato che il regolamento, che non preveda clausole limitanti i diritti reali e soggettivi dei condomini, può essere deliberato in sede d’assemblea con la maggioranza degli intervenuti, rappresentanti almeno la metà del valore dell’edificio, anche le tabelle possono essere approvate con l’identica maggioranza.Quanto sopra dedotto pure in considerazione del principio che un documento allegato a uno principale, ne segue l’identica normativa, eccettuato un differente disposto legislativo, che nel caso specifico non sussiste. Non si deve dimenticare, d’altronde, che il condomino che si ritenga leso nei propri diritti, può sempre chiedere la revisione delle tabelle ai sensi dell’art. 69 disp. att. c. c., dettato proprio per la tutela dei condomini in minoranza, ricorrendone i presupposti di legge per evitare inutili e arbitrarie controversie.Coerentemente alla giurisprudenza costante, che precisa poter essere contenute nello stesso testo di un regolamento di condominio clausole regolamentari disciplinanti l’uso delle parti e dei servizi comuni e clausole contrattuali limitanti il godimento delle proprietà private, ugualmente se le tabelle millesimali non deroghino al disposto legale del primo comma dell’art. 1123 c. c. che prevede, infatti, la facoltà di una differente convenzioni tra i condomini, le stesse possono essere approvate con la maggioranza di cui al secondo comma dell’art. 1136 c. c..Solo la diversa convenzione citata deve essere approvata con l’unanimità dei consensi, poiché costituisce un contratto che modifica il rapporto di fatto sussistente tra il valore delle singole unità e quello dell’intero edificio; ad esempio, una ripartizione delle spese in parti uguali tra tutti i condomini ovvero una diversa proporzione di spesa a carico del proprietario di una terrazza a livello rispetto al terzo previsto dall’art. 1126 c. c. o ancora un addebito generalizzato di tutte le spese concernenti la manutenzione dei balconi.Pertanto l’assemblea deve essere totalitaria e deve risultare che tutti i condomini, nessuno escluso, sono stati invitati a parteciparvi.
LE CONCLUSIONI DELL’AUTORE
Pur facendo stato solo tra le parti dei giudizi esaminati dalla Suprema Corte, le precitate sentenze certamente dettano un principio al quale i giudici di merito dovranno attenersi; del resto, il disposto de quo è perfettamente condivisibile.Ritengo che quanto sentenziato dalle Sezioni Unite possa produrre, in sede processuale e in sede sostanziale, alcune logiche conseguenze: per ogni controversia giudiziale inerente alla revisione delle tabelle, legittimato a contraddire è l’amministratore di condominio, non trattandosi più di un’ipotesi di litisconsorzio necessario. Infatti, il litisconsorzio ex art. 102 c. p. c. prevede che sia necessaria una decisione che inerisce a tutte le parti interessate a una determinata questione, come nel caso si controverta in tema di clausole contrattuali negoziate tra più parti, ad esempio, di un regolamento di condominio.
Definendo le tabelle quali mera clausola regolamentare, convenuto nel giudizio è il condominio e il suo rappresentante legale, ex art. 1131 c. c., è l’amministratore. In sede sostanziale nulla è mutato per l’iter della formazione tecnica, per l’adozione e per la revisione, se non il quorum deliberativo.Ne consegue che, qualora un condomino ritenga per un qualsiasi motivo di dover dar corso alla revisione delle tabelle, potrà proporre l’argomento all’amministratore che lo dovrà inserire nell’ordine del giorno, considerato che la modifica delle tabelle può intervenire anche nell’interesse di un solo condomino ex art. 69 disp. att. c. c..Infine, qualora il venditore dell’intero edificio non abbia predisposto le tabelle millesimali inerenti alle singole unità immobiliari, l’assemblea non sarà più obbligata ad approvarne una in via provvisoria, salvo conguaglio delle spese ripartite in base alla stessa, ma ben potrà deliberarla a maggioranza, seppure qualificata, in via definitiva, considerato che il dissenziente che dimostri un errore determinante un danno a suo carico, potrà impugnarle ai sensi dell’art. 69 disp. att. c. c.. L’impugnazione delle tabelle deve sempre fondarsi sui motivi previsti dal citato art. 69 disp. att. c. c., mentre l’impugnazione della delibera di approvazione deve essere fondata su vizi nella sua formazione.
Avv. GIAN VINCENZO TORTORICI
Presidente UPPI PISA