Tutela degli eredi legittimari: l’azione di riduzione

TUTELA DEGLI EREDI LEGITTIMARI: L’AZIONE DI RIDUZIONE

La successione legittima e la successione testamentaria possono concorrere tra loro. La successione legittima si fonda sul rapporto di famiglia che unisce l’ereditando e gli eredi.

In questo vincolo familiare risiede la giustificazione sociale dell’acquisto dell’eredità, il titolo legislativamente valutato come idoneo all’acquisto, per successione ereditaria, del patrimonio altrui.

Il rapporto familiare è assunto in senso molto ristretto nella successione necessaria (ovvero limitato al coniuge, ai discendenti e agli ascendenti); diversamente nella successione legittima risulta in senso molto ampio (ovvero a favore dei parenti fino al sesto grado).

Mentre nel primo caso lo stretto rapporto di famiglia è concepito dalla legge come costitutivo di un diritto alla successione sottratto al potere dispositivo dell’ereditando, nel secondo caso, invece, il vincolo familiare è concepito come titolo per la successione, che opera solo in mancanza di una diversa disposizione dell’ereditando.

Pertanto, se la persona muore senza aver fatto testamento (oppure se il testamento risulta invalido), i beni ereditari andranno ai parenti, secondo il seguente ordine di successione:

1. se ci sono figli, legittimi o naturali o adottivi, i beni vanno a loro in parti uguali; al coniuge, se ancora in vita, va metà del patrimonio oppure un terzo a seconda che concorra con un figlio o con più figli;

2. se non ci sono figli, due terzi vanno al coniuge e un terzo a genitori, fratelli e sorelle; in mancanza di genitori, fratelli e sorelle, andrà tutto al coniuge;

3. se non ci sono né figli né coniuge superstite, succedono i genitori, i fratelli e le sorelle legittime; se mancano i genitori andrà tutto ai fratelli e alle sorelle; se mancano i fratelli e le sorelle, andrà tutto ai genitori;

4. se nessuno di costoro sia sopravvissuto, i beni vanno ai parenti, senza distinzione di linea (diretta o collaterale)

Ciascun grado esclude il successivo, vale a dire che se ci sono parenti di terzo grado essi succedono, in parti uguali fra loro, con esclusione dei parenti entro il quarto grado e così via, (si tenga però presente che con queste concorrono le norme sulla rappresentazione: così, se una sorella è premorta, succedono i figli della sorella, in concorso con gli altri successibili dello stesso ordine – i fratelli, i genitori ecc. – e se mancano altri successibili dello stesso ordine, tutto andrà ai figli della sorella premorta).

Quando, infine, non ci sono parenti entro il sesto grado, e non ci sono neanche sorelle e fratelli naturali dell’ereditando, i beni vanno allo Stato che li acquista senza bisogno di accettazione; non può rinunciarvi, ma risponde dei debiti ereditari solo entro il valore dei beni ereditati, in conformità delle norme che regolano gli effetti dell’accettazione con beneficio di inventario.

Secondo la formulazione dell’art. 536, i legittimari sono “le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione”, anche contro la volontà espressa dal defunto in atti di donazione o in un testamento.

Pertanto, se l’ereditando ha un coniuge o ha discendenti o ascendenti, una quota dell’eredità è riservata a costoro, anche contro la sua espressa volontà.

Questa quota, che corrisponde a una frazione aritmetica del patrimonio ereditario, è detta di riserva o legittima; mentre al resto del patrimonio ereditario, del quale il de cuius poteva liberamente disporre per atto di liberalità, si dà il nome di quota disponibile.

La quota disponibile e, quindi, la riserva si calcolano detraendo dal valore del patrimonio relitto i debiti, ma aggiungendovi le donazioni elargite dal testatore in vita (relictum più donatum), secondo le regole sulla collazione.

Questa operazione, cui si dà il nome di riunione fittizia, ha la funzione di accertare se l’ereditando, donando in vita i propri beni, abbia pregiudicato diritti dei c.d. legittimari.

L’azione di riduzione

Prima dell’apertura della successione, i futuri successibili non hanno alcun diritto sul patrimonio del parente, né come pretesa sull’eredità, né come aspettativa giuridica.

La condizione di legittimario, dunque, assume rilevanza in ogni suo aspetto soltanto al momento dell’apertura della successione, poiché solo allora può evidenziarsi una lesione di legittima: di conseguenza, potrà aprirsi la successione necessaria (come effetto della dichiarazione di inefficacia, a seguito dell’esperimento dell’azione di riduzione, delle disposizioni testamentarie e/o delle donazioni lesive).

Quanto ai diritti spettanti al legittimario, egli è, innanzitutto, titolare dell’azione di riduzione, che costituisce un diritto potestativo.

L’ “azione di riduzione”, consta in realtà di tre azioni distinte e autonome, se pur strettamente connesse:

– l’azione di riduzione in senso stretto, volta a far dichiarare l’inefficacia, in tutto o in parte, delle disposizioni testamentarie e delle donazioni che, eccedendo la quota disponibile, abbiano leso la quota riservata dalla legge ai singoli legittimari;

– l’azione di restituzione contro i beneficiari delle disposizioni lesive;

– l’azione di restituzione contro i terzi acquirenti, volte a far recuperare al patrimonio del legittimario i beni – in possesso, rispettivamente, dei destinatari delle disposizioni lesive o di terzi acquirenti – oggetto delle disposizioni lesive rese inefficaci dall’azione di riduzione.

È pacifico che l’azione di riduzione sia un’azione di accertamento costitutivo, perché in giudizio si accerta l’esistenza della lesione di legittima e la sussistenza delle altre condizioni dell’azione, e dall’accertamento consegue automaticamente la modificazione giuridica del contenuto del diritto del legittimario, ossia l’integrazione della quota a lui riservata.

Quanto alle distinzioni tra azione di riduzione e azione di restituzione giova precisare che l’effetto costitutivo dell’azione di riduzione si esaurisce nel rendere inefficaci le disposizioni lesive nei confronti dei legittimari che l’abbiano chiesta, e nella misura occorrente per reintegrare la quota agli stessi riservata.

Successivamente il legittimario, nella sua qualità di erede, agirà contro i beneficiari delle disposizioni lesive (o i terzi acquirenti) per ottenere la condanna giudiziale alla restituzione dei beni oggetto della sentenza di riduzione; l’azione di restituzione non costituisce, quindi, la fase esecutiva dell’azione di riduzione.

L’azione di restituzione può, comunque, essere proposta unitamente all’azione di riduzione, come domanda accessoria di quest’ultima e per il caso di accoglimento della stessa.

Avv. Marco Perrina

Delegazione UPPI San Lazzaro di Savena