La pressione fiscale sulla casa

LA PRESSIONE FISCALE SULLA CASA

Siamo in una stagione politica complessa, aggravata dalla perdurante crisi economica, di cui non si intravvedono chiaramente sintomi di ripresa.

I consumi stentano, lo scenario europeo genera incertezze, e la pressione fiscale non rallenta, anzi nei confronti dei proprietari immobiliari si paventano aggravi che verranno, forse, procrastinati solo in virtù delle prossime elezioni.

E, devo dire, che la politica proprio non ci aiuta; non ci ha mai aiutato.

Ho mantenuto stretti contatti con le istituzioni, e se a parole ci hanno paventato la loro disponibilità, questa purtroppo non si è manifestata in supporti concreti, anzi, con l’Europa alle costole ….

Ed è proprio l’Europa il primo nemico della proprietà immobiliare italiana: prima è stata la Commissione europea, poi l’Ocse e adesso l’Ecofin.

La Commissione europea ha chiesto all’Italia di spostare l’imposizione fiscale dai fattori di produzione, ad esempio le imposte sul lavoro, ai fattori che hanno meno impatto sulla crescita, come la tassa sulla prima casa per i redditi alti.

I ministri delle Finanze dell’Unione europea hanno poi chiesto al nostro Paese di “spostare il carico fiscale dai fattori di produzione verso tasse che avrebbero effetti minori sulla crescita”, confermando anche la richiesta di avviare una riforma sugli estimi catastali.

La reintroduzione della tassa sulla prima casa è stata ancora richiesta dall’Ocse, che ha suggerito di rimettere il balzello sull’abitazione principale basato su valori catastali aggiornati, con l’obiettivo di aumentare il gettito e rendere le tasse più eque.

Ed infine l’Ecofin ha invitato l’Italia a “mettere in atto uno sforzo di correzionenel 2018, che sia in linea con i requisiti del braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita” e che tenga allo stesso tempo in considerazione “la necessità di sostenere la ripresa (economica) in corso”. Nel 2017-2018 “il Consiglio in generale ritiene che l’Italia debba tenersi pronta a prendere nuove misure per assicurare il rispetto del Patto”.

Questa continua pressione dell’Europa è culminata nell’ulteriore suggerimento da parte del Fondo monetario internazionale che indica anche al nostro paese dove recuperare le risorse per abbattere il costo del lavoro, ossia tassando le proprietà immobiliari: “L’Italia dovrebbe razionalizzare le agevolazioni fiscali, allargare la base imponibile e istituire una tassa moderna sulle proprietà immobiliari“. L’idea lanciata dall’Fmi in concreto suggerisce al nostro paese di aumentare il gettito del prelievo sulla casa o di istituire una patrimoniale secca.

Una soluzione questa che se attuata dal nostro Governo sarebbe solo una mazzata ulteriore su un settore, come quello immobiliare, già in crisi e che si riverserebbe su tutta l’economia italiana visto che il mattone è indissolubilmente legato al Pil.

E nessuno considera che la pressione fiscale sugli immobili nel nostro paese è superiore al 300 per cento di quella tedesca e soprattutto che aumentare la tassazione sulla proprietà ha conseguenze negative sul Pil.

Purtroppo in Italia è stata intrapresa questa strada, dal 2012, e gli effetti sull’economia sono sotto gli occhi di tutti per cui è giunti veramente il momento di invertire la rotta e non certo di perseverare nell’errore. Oggi per contro è necessario ed imprescindibile che il carico fiscale sugli immobili subisca una netta flessione posto che le case valgono meno e non possono sono tassate sempre più.

La pressione fiscale sulla casa è decisamente non più sostenibile mentre occorre ritrovare la reddittività degli immobili ed un nuovo apprezzamento del valore delle abitazioni dovrebbe essere l’obiettivo di un governo che vuole rilanciare l’economia e tutelare i 2/3 delle famiglie italiane, giovani ed anziani e chi ha investito i risparmi di una vita nel mattone come bene rifugio.

Noi, l’UPPI, ci siamo posti un obiettivo alto nella difesa della casa ed in genere della proprietà e questa difesa dobbiamo cercare di arricchirla di contenuti e di visioni verso il futuro.

Dobbiamo pertanto continuare ad esercitare un maggiore e più assiduo controllo sul Governo e continuare nella lotta politica e sindacale affiancandovi il tema del miglioramento della nostra struttura organizzativa e dei servizi che offriamo agli associati dando sempre più importanza alla tutela contrattuale, fiscale, previdenziale, alla quale dobbiamo necessariamente aggiungere la comunicazione e la formazione culturale dell’essere proprietari e contestualmente condomini.

Dobbiamo poi assolutamente continuare ad insistere per una estensione della cedolare secca sugli affitti anche agli immobili commerciali, artigianali ed industriali, ed a tale fine abbiamo già proposto quantomeno una sperimentazione della cedolare per contrastare la desertificazione dei centri storici, e per incentivare anche il mercato delle locazioni ad uso diverso dall’abitazione per giungere eventualmente a fare applicare anche a questi contratti di locazione un canone concordato.

Ma non ci si dovrà fermare.

L’impegno dell’UPPI negli anni a venire deve essere rivolto ad ottenere una strutturale e seria modifica del modo di locare, che passa attraverso l’utilizzo di tutti gli strumenti anche innovativi per snellire i rapporti tra proprietari e conduttori e per dare certezze di redditività agli investimenti immobiliari e contestuali certezze di godimento degli immobili ai conduttori mediante canoni appropriati nell’interesse di tutte le parti e dello Stato ma senza l’applicazione di balzelli e imposizioni fiscali che hanno come risultato solo la disincentivazione degli investimenti immobiliari.

Avv. Gabriele Bruyère

Presidente Nazionale UPPI