BIGENITORIALITA’ E COVID 19
Quando finisce l’unione coniugale tra due persone, ciò che preme maggiormente tutelare è il benessere dei figli nel loro supremo ed esclusivo interesse. Per questi motivi, nei provvedimenti di separazione, divorzio o affidamento, il Giudice dispone per il figlio minore, salvo casi eccezionali, l’affidamento condiviso tra i due genitori.
L’affidamento condiviso è diventata regola generale in epoca relativamente recente. Prima della Legge n.54/2006, il regime ordinario era quello dell’affidamento del minore all’uno o all’altro genitore.
Con la riforma del 2006, il legislatore ha voluto valorizzare il diritto alla bigenitorialità, ovvero il diritto del figlio di mantenere un rapporto continuativo ed equilibrato con emtrambi i genitori e i rispettivi rami parentali.
Il diritto alla bigenitorialità, secondo anche recenti pronunce della Corte di Cassazione, consiste nel garantire una comune presenza dei genitori nell’esistenza del figlio, in modo tale da assicurare al minore una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi e consentire ai genitori di cooperare nell’assistenza, educazione e istruzione del proprio figlio. Nella patica, si dovrà prevedere un diritto di visita per il genitore con il quale il figlio non convive in via prevalente.
Tuttavia, nel periodo di emergenza sanitaria che stiamo vivendo, tale modalità di frequentazione è, a volte, risultata di difficile attuazione, soprattutto nella fase del primo lockdown, quando in un primo momento, in assenza di specificazioni da parte del Governo, i Tribunali che sono stati investiti dalla questione hanno assunto posizioni differenti.
Alcuni hanno accordato preferenza alla tutela della salute individuale e pubblica, dichiarando di sospendere il diritto di frequentazione del genitore non collocatario e, di fatto, impedendogli di vedere i propri figli.
Altri, invece, hanno ritenuto il diritto alla bigenotorialità parimenti meritevole di tutela e non sacrificabile.
Con una risposta ad una Faq publicata sul sito del Governo, aggiornata al 25 aprile 2020, sono stati consentiti gli spostamenti per raggiungere i propri figli minorenni presso l’altro genitore o, comunque, presso il collocatario o per condurli presso di sé, anche tra Comuni diversi, pur nel rispetto delle prescrizioni di tipo sanitario e in osservanza delle statuizioni del Giudice indicate nei provvedimenti di separazione e divorzio o, in mancanza, dell’accordo tra i genitori stessi.
Dall’inizio della pandemia ad oggi, però, ci sono state molte pronunce relative alla problematica, probabilmente per la situazione di paura in corso, nonché per quella di incertezza, derivante anche da difficoltà interpretative.
Infatti, sia il Tribunale di Milano che di Matera, i primi chiamati a pronunciarsi, seguono il bilanciamento degli interessi in gioco e decidono, nel caso di specie, di privilegiare la tutela volta ad evitare il rischio del contagio, in quanto funzionale alla tutela del superiore interesse alla salute, visto il breve lasso temporale di sacrificio del rapporto tra padre e figlio.
Con ulteriore e simile decisione della Corte d’Appello di Bari ha anche deciso che il diritto di visita paterno venisse esercitato attraverso le videochiamate o Skpe, per periodi di tempo uguali a quelli previsti nel regime ordinario, e secondo lo stesso calendario.
Varie altre pronunce sono state nel senso di far prevalere l’interesse alla limitazione del rischio del contagio rispetto all’esigenza di vedere e tenere con sé i figli minori.
Altri Tribunali, al contrario si sono pronunciati in favore della frequentazione tra padre (genitore non collocatario) e figlio.
In particolare, altre pronunce hanno considerato situazione di necessità (che legittimano gli spostamenti temporanei e individuali) quelle correlate ad esigenze primarie delle persone, affermando anche che la protezione della salute dei bambini deve partire dai genitori, autorizzando il padre, quindi, ad effettuare le visite e disponendo di poter video chiamare i figli quotidianamente.
Al contrario di quanto affermato inizialmente, altra pronuncia ha chiarito che una misura restrittiva, che impedisca ad un genitore di vedere un figlio, può essere disposta solo sulla base di comprovate esigenze considerando anche che l’interruzione protratta nel tempo del rapporto tra genitori e figli potrebbe avere conseguenze irrimediabili nel rapporto stesso, causando una conseguenza sulla sana crescita del minore, anche con riferimento al suo equilibrio psicofisico.
A seguito di vari contrasti interpretativi, ha quindi prevalso la tesi, tuttora in essere, per cui i divieti di spostamento non possono incidere direttamente sulla regolamentazione della frequentazione genitori-figli.
Anche il Governo ha chiarito quasi da subito la legittimità dell’esercizio del diritto di visita sostenendo come tale diritto non fosse limitato dalle misure adottate nei mesi di totale o parziale lockdown.
Una delle caratteristiche delle nuove pronunce, laddove è stato interdetto il diritto di visita nei periodi di lockdown, ha portato in auge l’applicazione della modalità di comunicazione telematica, pensando che i bambini siano in grado di resistere per ore a conversazioni con il genitore a distanza. Sarebbe meglio, in realtà, che superato questo duro periodo, in futuro la modalità di comunicazione telematica, seppur apprezzata dalle nuove generazioni, non diventi consuetudine, rischiando di essere strumentalizzata dai genitori tanto conflittuali da poter in questo modo addurre motivazioni per ostacolare il diritto di visita in presenza.
La via telematica dovrebbe essere adoperata solo quale estrema ratio e in casi particolari, come nel caso di minore malato o genitore lontano per lavoro nel lungo periodo.
Al contrario, ci si augura che la via telematica venga adoperata solo quale estrema ratio e in casi particolari (a titolo esemplificativo: minore malato, o genitore che sia lontano per lavoro per un lungo periodo).
In conclusione, dopo mesi di pandemia, seppur con la sospensione del periodo estivo, nel quale si è tornati ad una sorta di maggiore libertà, c’è stato e c’è ancora un susseguirsi di provvedimenti a volte contrastanti tra loro.
A volte alcune decisioni sono sembrate in contrasto con la tutela del diritto fondamentale alla bigenotorialità, ma è tutt’ora necessario un contemperamento con le esigenze che si pongono nel caso di specie, al fine di valutare al meglio un contemperamento di interessi che possa arrecare il minor danno possibile, nella particolarità del periodo.
Avvocato Francesca Ursoleo
Consulente legale UPPI