Le evoluzioni giurisprudenziali sui rapporti tra registrazione e validità dei contratti di locazione
Il disposto del’art. 13 della legge 431/98
Il nostro ordinamento giuridico prevede e disciplina l’istituto della simulazione (art. 1414 c.c.). Le parti contraenti possono fingere di stipulare un determinato contratto (cosiddetto contratto apparente) mentre in realtà ne vogliono concludere uno diverso (contratto cosiddetto dissimulato).
In tale ipotesi si verte in tema di simulazione relativa che può essere totale (si vuole un contratto completamente diverso da quello apparente) o parziale e cioè riguardare singole clausole di uno stesso contratto (fingiamo di pattuire il prezzo di euro 500 mentre in effetti concordiamo quello di euro 1.000).
E’ principio consolidato che, in tali ipotesi, vale tra le parti solo il contratto o la clausola dissimulata. Applicando tale istituto al campo delle locazioni è possibile (salvo naturalmente i risvolti di carattere fiscale che non incidono sulla validità della pattuizione) simulare un canone inferiore mentre se ne pattuisce uno diverso.
Il n. 1 dell’art. 13 della legge n. 431/98 sembrava aver introdotto un particolare rimedio tendente a rendere impraticabile, in tema di locazioni ad uso abitativo, il ricorso alle “controdichiarazioni” e, quindi, la possibilità di “nascondere” al fisco parte del canone. Detta norma ha statuito che “è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato” e che inoltre, in tale ipotesi, il conduttore “con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato”.
Tale disposizione, quindi, sembrava aver sancito una sorta di “responsabilità presunta” a carico del solo locatore essendo questi l’unico a subire la pesante sanzione conseguente alla nullità e non poteva comunque avere effetto retroattivo con indubbia applicabilità della norma solo ai contratti di locazione sorti (o rinnovati) dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina perché a quelli in corso a tale data “continuano ad applicarsi, ad ogni effetto, le disposizioni normative vigenti prima di tale data” (n. 5, art. 14, l. 431/98).
Essa ha comunque suscitato grosse perplessità e difficoltà interpretative e si riteneva che si riferisse anche al momento iniziale del contratto, al caso cioè in cui le parti, al momento della stipula, prevedessero un canone ridotto nel contratto DA REGISTRARE ed uno diverso e maggiore in un contestuale documento. Si evidenziò subito che il legislatore nulla aveva però previsto per l’ipotesi in cui sia stato stipulato un contratto di locazione con il rispetto della forma scritta e delle altre condizioni di legge MA NON SI SIA PROVVEDUTO A REGISTRARE affatto il contratto medesimo.
In tal caso, infatti, non poteva sostenersi la nullità della convenzione perché la stessa, rispettando il comma 4 dell’art. 1, era stata redatta in forma scritta; non era stato registrato un canone diverso da quello liberamente stabilito dalle parti per cui non si era in presenza di una pattuizione che prevedesse un canone superiore a quello risultante dal documento registrato.
Il contratto, quindi, dovrebbe essere pienamente valido e vincolante per le parti, salvo le conseguenze di carattere fiscale nell’ipotesi di “utilizzo” del documento. Gran parte della dottrina ed alcune decisioni dei giudici di merito pertanto hanno subito limitato la portata dell’art. 13. Si è ritenuto infatti che nel caso di stipula di un contratto in forma scritta, in cui fosse riportato un canone simulato in misura inferiore e contestuale sottoscrizione di altro contenente l’effettivo prezzo della locazione, in qualsiasi momento il locatore poteva validamente sanare la situazione di illegalità registrando anche quest’ultimo documento.
Sorsero però dubbi circa la retroattività o meno di tale effetto “sanante“. In proposito il Tribunale di Roma, con ordinanza del 16 maggio 2000 (in Arch. Loc. 2000, 608) ed il Tribunale di Napoli, Dr. Campese, con sentenza dell’11 maggio 2001 n. 7957, espressero il parere che nelle suddette ipotesi il canone riportato nella “controdichiarazione” acquistasse validità solo dal momento della registrazione di quest’ultima (effetto ex nunc) per cui il conduttore poteva conseguire il rimborso di quanto pagato in più rispetto al canone registrato solo fino a quando non si fosse provveduto a registrare il documento in cui era riportato l’effettivo corrispettivo convenuto tra le parti. Successivamente il Tribunale di Pordenone (G.U. Dr. Lazzaro) con sentenza n. 58 del 7 dicembre 2001/19 gennaio 2002, in un giudizio per morosità intentato per il mancato pagamento del canone risultante dalla scrittura privata aggiuntiva, REGISTRATA SUCCESSIVAMENTE, ritenne la efficacia ex tunc della controdichiarazione, anche se registrata tardivamente, perché, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 333 del 5 ottobre 2001, era da escludersi la nullità della controdichiarazione “perché in tale ipotesi si avrebbe la subordinazione del rapporto civilistico (e, quindi, della libertà contrattuale) all’adempimento di una finalità, la registrazione, rivolta esclusivamente ai fini fiscali”.
Riepilogando, in base alle prime interpretazioni giurisprudenziali, specie dopo i principi affermati dalla Corte Costituzionale con riguardo alla illegittimità dell’art. 7 della legge 431/98, si potevano affermare i seguenti principi:
• non era da riscontrare alcuna ipotesi di nullità nel caso di contratto di locazione ad uso abitativo stipulato secondo le regole della legge 431/98 e NON REGISTRATO;
• qualora nel contratto di locazione registrato fosse stato simulato un canone inferiore a quello pattuito ed il canone effettivo fosse stato riportato in un contestuale atto, era possibile registrare la controdichiarazione successivamente ed il canone in esso riportato acquistava piena validità ed efficacia da tale momento ovvero dal momento della stipula del contratto.
• Se la “controdichiarazione” veniva redatta successivamente alla sottoscrizione del contratto contenente il canone inferiore, la stessa, salvo il caso di comprovata novazione, doveva ritenersi nulla perché in contrasto con il comma 4 dell’art. 13 nella parte in cui, per i contratti cosiddetti “liberi”, commina di nullità qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola diretti ad attribuire al locatore un canone superiore a quello (iniziale) “contrattualmente stabilito”.
• Era inammissibile la pattuizione verbale di un canone superiore a quello previsto nel contratto scritto e registrato perché la stessa contrasterebbe con l’esigenza della forma scritta prevista ad substantiam dal comma 4 dell’art. 1, legge 431/98.
Il parere della Corte di Cassazione
La III sezione civile della Suprema Corte, con la sentenza n. 16089 del 10 luglio 2003/27 ottobre 2003, pur sancendo gli stessi risultati pratici delle decisioni dei giudici di merito, fornì una diversa lettura del disposto del n. 1 dell’art. 13. Essa ha infatti ritenuto che, nonostante la legge 431/98 abbia attribuito una particolare importanza all’elemento della registrazione (art. 8 – benefici fiscali; art. 11 in materia di contributi del fondo nazionale; lo stesso art. 13 che ha previsto la nullità della pattuizione diretta a determinare un canone diverso da quello risultante dal contratto scritto e registrato) lo stesso NON E’ STATO ELEVATO A REQUISITO DI VALIDITA’ DEL CONTRATTO come invece è stato sancito per la forma scritta. Tanto è vero che non è stata comminata alcuna sanzione di invalidità nella ipotesi in cui, rispettando la forma scritta, venga stipulato un contratto di locazione e lo stesso non venga affatto registrato. Sarebbe pertanto assurdo, a parere della Suprema Corte, sostenere che il legislatore abbia voluto sanzionare con la nullità la “meno grave” ipotesi della sottrazione alla imposizione fiscale DI UNA PARTE SOLTANTO DEL CORRISPETTIVO riportata in una contestuale dichiarazione non registrata, perché una interpretazione del genere “sarebbe irragionevole e, come tale, palesemente contrastante con l’art. 3 della Carta Costituzionale”.
Pertanto, sempre secondo tale decisione della Cassazione, nel caso in cui venga stabilito in un contratto un canone inferiore (canone simulato) ed in un contestuale documento venga invece chiarito quello effettivo pattuito e voluto dalle parti, non si configurerebbe un contrasto tra due diversi canoni perché una volta provata ed accertata, mediante la produzione della controdichiarazione, la simulazione, “il canone valido è solamente quello effettivamente voluto dalle parti” e quindi, se la simulazione riguardi un contratto cosiddetto “libero”, l’unico canone valido dovrà essere considerato quello previsto nella controdichiarazione; nel caso invece di contratti “a canoni agevolati “, parimenti sarà valido quello della controdichiarazione sempre che esso non sia superiore a quello MASSIMO DEFINITO NEGLI ACCORDI PROVINCIALI. Di conseguenza, ha concluso la Suprema Corte, l’art. 13 comma 1° mirerebbe a tutelare esclusivamente l’esigenza del conduttore di “usufruire di condizioni economiche stabili ed immutabili” PER TUTTA LA DURATA DEL RAPPORTO (otto anni per i contratti “liberi”; cinque anni per quelli “convenzionati”) per cui la NULLITA’ da esso sancita riguarderebbe l’ipotesi in cui, successivamente al sorgere del rapporto, intervenga tra le parti un accordo che maggiori il canone iniziale che, invece, “DEVE RIMANERE IMMUTABILE, salvo l’aggiornamento istat”.
Il disposto del comma 346 della legge 30 dicembre 2004 n. 311 (Finanziaria 2005)
Tale norma, forse per porre rimedio all’interpretazione data dalla giurisprudenza all’art. 13 della legge 431/98, ha espressamente previsto che “i contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, NON SONO REGISTRATI”.
La suddetta disposizione riguarda, pertanto, tutte le locazioni sia abitative che ad uso diverso dall’abitazione (ne rimangono esclusi solo “gli usi villeggiatura” di durata non superiore ai trenta giorni) e persino i CONTRATTI DI COMODATO.
Si ricorda che, ai sensi degli artt. 16 e 18 del T.U. in materia di imposta di registro (DPR 26 aprile 1986 n. 131) la registrazione consiste nella annotazione in un apposito registro dell’atto e serve SOLO ad attestarne l’esistenza ed AD ATTRIBUIRE UNA DATA CERTA NEI CONFRONTI DEI TERZI ai sensi dell’art. 2704 del codice civile, MA NON ESPLICA ALCUNA INFLUENZA SULLA VALIDITA’ DELL’ATTO. In verità, in passato, più volte il legislatore ha tentato di subordinare la validità ed efficacia di un atto privatistico ad adempimenti che riguardino unicamente il rapporto ERARIO-PARTI CONTRAENTI ma la Corte Costituzionale è sempre puntualmente intervenuta sancendo la incostituzionalità (e quindi la invalidità) di un tale provvedimento.
E’ nota una delle ultime decisioni della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 333 del 24 settembre 2001, depositata il 5 ottobre 2001, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 7 della legge 431/98 che aveva appunto subordinato l’esecuzione dei titoli giudiziari di rilascio di immobili urbani ad uso abitativo ad alcuni adempimenti di natura fiscale, tra i quali, la PROVA della registrazione del contratto di locazione.
Pertanto, DIFFICILMENTE, il disposto del comma n. 346 della finanziaria 2005 potrà avere una sorte diversa. Nelle more, comunque, è opportuno cercare di stabilire la portata di tale disposizione inquadrandola nei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico considerate anche la GRAVI CONSEGUENZE che un’interpretazione RESTRITTIVA avrebbe per entrambe le parti contraenti, compreso il conduttore che si troverebbe nella situazione di “occupante senza titolo”, e, come tale, assoggettabile ad immediata espulsione dall’alloggio.
Irretroattività della norma
Anzitutto riteniamo non possono nutrirsi dubbi che la norma riguardi SOLO I CONTRATTI SORTI dopo l’entrata in vigore della legge 311/2004. Si evidenzia infatti che :
• L’art. 11 delle preleggi sancisce il principio generale della IRRETROATTIVITA’ per cui una disposizione normativa PUO’ DISPORRE SOLO PER L’AVVENIRE (anche se non trattasi di un principio costituzionale tranne che per le norme penali).
• Lo Statuto dei diritti del contribuente (art. 3 legge n. 212 del 27 luglio 2000) ha confermato che le “disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo”, per cui la “irretroattività” costituisce la regola. Pertanto l’eventuale applicazione agli atti pregressi potrebbe essere ammissibile solo se espressamente sancita.
• La giurisprudenza ha più volte confermato tale concetto anche per le leggi tributarie (Cass. V Sez. Civ. n. 5015 del 2 aprile 2003) : “in tema di efficacia nel tempo delle norme tributarie, in base all’art. 3 della legge n. 212 del 27-7-2000 (cosiddetto Statuto del contribuente che ha codificato nella materia fiscale il principio generale di irretroattività delle leggi) va eslcusa l’applicazione retroattiva delle medesime SALVO CHE QUESTA SIA ESPRESSAMENTE PREVISTA”.
• In ogni caso poi è da escludersi che la “sanzione” prevista dalla finanziaria del 2005 possa in qualche modo riguardare anche l’omessa registrazione delle successive annualità di canone relative ad un contratto pluriennale sorto in epoca antecedente (l’art. 17 del D.P.R. n. 131/1986 consente che l’imposta di registro sia pagata in un’unica soluzione ovvero in successive rate annuali) perché occorre far riferimento solo alla data di conclusione e di prima registrazione del contratto e non a quella di materiale pagamento dei ratei del tributo.
Effettiva natura della nullità prevista
La dottrina prevalente e qualche giudice di merito (Tribunale di Modena sezione 2 – sent. 12.06.2000) hanno espresso il parere che, malgrado la dizione letterale contenuta nel comma 346 della “Finanziaria 2005”, non si sia in presenza di una “NULLITA’ IN SENSO STRETTO” ma che la registrazione sia stata SANCITA come “condizione legale di efficacia del contratto “ nel senso cioè che il contratto “si perfezioni, come di regola, con l’INCONTRO DELLA VOLONTA’ DELLE PARTI” e che la registrazione (elemento ESTRINSECO AL CONTRATTO) “CONDIZIONI SOSPENSIVAMENTE IL PRODURSI DEGLI EFFETTI PROPRI DEL NEGOZIO GIURIDICO” (Fortunato Lazzaro e Marco Di Marzio “Le locazioni per uso abitativo”; Vigna in Arch. Loc. 2005/395; Cuffaro “Le locazioni per uso abitativo”).
Confortano tale tesi, oltre che l’interpretazione logica (la norma è stata introdotta quale mezzo di lotta all’evasione ed è inconcepibile che possa operare in danno del conduttore che si troverebbe nella condizione di occupante senza titolo a rischio di espulsione immediata dall’alloggio), le seguenti ulteriori considerazioni:
• Lo stesso testo unico in materia di imposta di registro (DPR 26 aprile 1986 n. 131 e successive modificazioni ed integrazioni) consente che la registrazione dei contratti di locazione sia validamente effettuata entro 30 giorni dalla conclusione del contratto e che la stessa, pagando le previste sanzioni, possa essere effettuata in qualsiasi momento, confermando con ciò che NON TRATTASI DI ELEMENTO CHE SORGE CON IL CONTRATTO ma che può essere attuato in ogni tempo.
• La Finanziaria 2005 ha anche previsto al n. 2 del comma 341 che “in caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, SI PRESUME salva documentata prova contraria, L’ESISTENZA DEL RAPPORTO DI LOCAZIONE ANCHE PER I QUATTRO PERIODI D’IMPOSTA ANTECEDENTI a quello in corso in cui E’ ACCERTATO IL RAPPORTO STESSO” e che “ai fini della determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10 % del valore dell’immobile”
Orbene, se si ritenesse che il comma 346 abbia voluto sancire una sorta di invalidità “insanabile”, il rapporto locativo non registrato dovrebbe considerarsi mai sorto per cui il conduttore sarebbe un “occupante senza titolo”, non vi sarebbe un “corrispettivo” ma solo la possibilità di successiva azione per indebito arricchimento. Di conseguenza, la scoperta di un rapporto locativo non registrato e, come tale, nullo, se obbliga ugualmente le parti a corrispondere l’imposta di registro perché ciò è espressamente sancito nel testo unico (art. 38: “la nullità o l’annullabilità dell’atto non dispensa dall’obbligo di chiedere la registrazione e di pagare la relativa imposta) non può determinare l’obbligo di pagare l’IRPEF su un presunto valore locativo, perché ciò presuppone che il locatore percepisca UN CANONE.
L’avere, pertanto, espressamente previsto la presunzione dell’esistenza di un rapporto di locazione addirittura per il quadriennio precedente, conferma la sanabilità in qualsiasi momento della pretesa nullità.
Efficacia ex tunc dell’effetto sanante
Una volta inquadrata la “sanzione” del comma 346 della “finanziaria 2005” nell’ambito delle condizioni di “efficacia” del contratto, ne consegue che la registrazione TARDIVA rende il contratto medesimo produttivo di effetti sin dall’epoca del suo sorgere e, quindi, ex tunc.
Opera infatti, in tal caso, la previsione dell’art. 1360 cod. civ. che dispone che “gli effetti dell’avveramento della condizione RETROAGISCONO AL TEMPO IN CUI E’ STATO CONCLUSO IL CONTRATTO” per cui da quel momento il conduttore diviene detentore legittimo dell’immobile ed il corrispettivo convenuto diviene canone con conseguente obbligo del locatore di pagare le relative imposte.
Del resto solo così viene realizzato l’effettivo intento del legislatore che è quello di far emergere i “contratti” o la parte di canone in nero.
La questione di incostituzionalità del comma 346 della legge n. 311 del 31 dicembre 2004
Se invece non fosse interpretata nel senso detto ma si ritenesse che vertesi in tema di NULLITA’ “in senso stretto”, la norma, come già evidenziato, presenterebbe indubbi aspetti di incostituzionalità perché reitera il principio, PIU’ VOLTE “BOLLATO” dalla Corte di poter subordinare la validità di un negozio giuridico privatistico ad adempimenti a favore di terzi (l’Erario) estranei al contratto.
Tale concetto è stato subito colto dal Tribunale di Torino che, con ordinanza n. 245 del 1° giugno 2006 (G.U. Dr. Marongiu), in un giudizio di sfratto per morosità il cui contratto sorto in data 05/07/2005 E REGISTRATO TARDIVAMENTE in corso di causa, ritenuto che la legge finanziaria abbia voluto sancire la nullità tutti i contratti di locazione o costituenti diritti reali di godimento SENZA POSSIBILITA’ DI REGISTRATZIONE TARDIVA CON EFFETTI SANANTI e che tale disposizione contrasterebbe con l’art. 24 comma 1 della Costituzione “poiché subordinando la validità di un rapporto civilistico all’adempimento di un onere volto esclusivamente a fini fiscali VIOLEREBBE IL DIRITTO DELLE PARTI AD AGIRE PER LA TUTELA DEI PROPRI DIRITTI”, rimise la questione alla Corte Costituzionale.
Il dr. Troncone, da suo canto nella qualità di Giudice Unico della Sezione Distaccata di Ischia del Tribunale di Napoli, con due ordinanze, rispettivamente dell’8 settembre e 24 settembre 2007, ritenendo che la normativa in esame contrasti oltre che con l’art. 24 della Costituzione, anche con gli artt. 3 e 41 e, ritenendo anch’egli che non si possa aderire alla tesi della “nullità relativa o della condizione di efficacia” rimise la questione alla Corte di Costituzionale, per violazione dell’AUTONOMIA PRIVATA e, quindi, del diritto alla libertà, diritto fondamentale della persona (strumentale al principi dell’iniziativa economica tutelato dall’art. 41 della Carta fondamentale) e per palese irragionevolezza della norma (irrazionale e discriminatoria).
La Corte Costituzionale è già intervenuta sull’argomento ed esaminando per il momento solamente la ordinanza di remissione del Tribunale di Torino HA ESCLUSO (con ordinanza n. 420 depositata il 05.12.2007) la incostituzionalità del comma 346 dell’art. 1 della legge 30.12.2004 n. 311, ritenendo che non vi sia violazione dell’art. 24 perché, STANTE IL CARATTERE SOSTANZIALE (e non processuale) della norma denunziata non sussisterebbe una preclusione al diritto delle parti ad agire liberamente in giudizio. La stessa Corte poi, esaminando una delle due ordinanze del dr. Troncone ha dichiarato la “manifesta inammissibilità” della questione di legittimità costituzionale del comma 346 della legge 311 del 30.11.2004 con riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione perché tra l’altro “non sarebbero state dal giudice remittente le motivazioni alla dedotta irragionevolezza”.
La questione, quindi, rimane aperta e riteniamo che la Corte non potrà non sancire l’illegittimità dell’ormai famigerato “comma 346” per violazione degli artt. 41 e 3 della Carta Costituzionale già adombrata dal Giudice Troncone. Soffermandoci, infatti, solo sull’aspetto della irragionevolezza si consideri che l’introdotta nullità NON PERSEGUE AFFATTO LO SCOPO voluto dal legislatore di combattere l’evasione e fare emergere i canoni a nero, tutelando in tal modo il conduttore.
Infatti, la nullità del contratto determina che:
A. il conduttore diviene “occupante senza titolo” per cui sarà costretto a rilasciare l’immobile senza neanche potere invocare le norme previste a tutela dello sfrattando;
B. Non vi è un canone locativo per cui il proprietario, obbligato a restituire le somme già percepite, NON SARA’ TENUTO A PAGARE L’IRPEF;
C. Il proprietario-locatore potrà comunque recuperare l’indennità per il periodo di occupazione con l’azione di “indebito arricchimento” non assoggettabile a tributo.
D. I danneggiati saranno l’Erario ed il conduttore.
Soluzione pratica del problema
Indipendentemente dalla qualificazione della natura della invalidità sancita è da sottolineare che, come già riferito, il Testo Unico in materia di Imposta di Registro e successive modifiche ed integrazioni consentono che le parti possano registrare il contratto di locazione IN QUALSIASI MOMENTO successivo al sorgere del contratto di locazione anche con il “RAVVEDIMENTO OPEROSO” ai sensi del decreto legislativo n. 472/97 (art. 13 e relative modifiche). Se tale è la situazione, il disposto del famigerato comma 346 potrebbe essere interpretato nel senso che il contratto d locazione (od anche di comodato) E’ NULLO FINO A QUANDO NON SIA REGISTRATO, per cui una volta registrato il contratto acquista piena validità ad ogni effetto di legge sin dal suo sorgere, giusta quanto previsto dall’art. 1360 del codice civile.
Avv. Giacomo Carini
Presidente Nazionale UPPI