Limiti all’installazione della canna fumaria

Limiti all’installazione della canna fumaria

Un associato pone queste domande:

La realizzazione di una canna fumaria a servizio di proprietà esclusiva sulla facciata comune di un edificio condominiale è soggetta a limiti normativi?

Cosa deve osservare il condominio sul piano codicistico?
L’installazione della canna fumaria da parte del singolo condomino in aderenza o appoggio sul muro comune perimetrale di un edificio condominiale è riconducibile all’esercizio delle facoltà di utilizzo della cosa comune di cui all’art. 1102 c.c., pertanto soggiace ai limiti dettati da tale disposto, costituiti dal rispetto della destinazione della cosa comune, dalla possibilità, ancorché potenziale, di far uso della cosa comune da parte degli altri condomini in egual misura, e dalla mancata derivazione di pregiudizio alla statica, sicurezza ed estetica dello stabile. Si precisa, invero, che limitazioni più significative possono essere presenti nel regolamento di condominio, purché si tratti di regolamento contrattuale, vincolante pertanto ciascun condomino originario o subentrato allo stesso.
In tema di condominio negli edifici, l’art. 1122 cod. civ., vietando a ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, di eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell’edificio, pone il limite agli interventi che il singolo condominio può effettuare sulle cose di proprietà esclusiva.
In particolare, la sostituzione di una canna fumaria, che rientra concettualmente nella nozione di intervento sulla porzione di piano di proprietà personale, perché inerisce a bene esclusivo come quelli menzionati nell’art. 1122 cit., non può recare di per sé danno alla cosa comune – la facciata dell’edificio – già utilizzata per l’appoggio. Per comprendere poi in cosa consista il danno (ex art. 1122 cit.) che preclude la possibilità di eseguire l’opera sulla porzione esclusiva è doveroso far ricorso all’art. 1120, comma 4, cod. civ., norma che ha individuato gli interessi condominiali che non possono essere lesi neppure con le innovazioni deliberate a maggioranza dall’assemblea condominiale. Questo infatti è il percorso logico che giustifica l’applicabilità dell’art. 1120 cod. civ., alle attività del singolo su cosa propria comunque finalizzate all’uso più intenso della cosa comune. Di ciò si è reso consapevole anche il legislatore della riforma (legge 11 dicembre 2012 n. 220), che ha completato l’art. 1122 cod. civ., recependo nel nuovo testo l’orientamento giurisprudenziale che aveva già interpretato la norma nel senso suindicato.
Nella realizzazione del manufatto, dunque, il condomino deve osservare la normativa sulle distanze legali dettata dal codice civile per regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, continue e separate, e ritenuta applicabile, secondo la giurisprudenza, anche tra i condomini di un edificio condominiale a condizione che sia compatibile con la disciplina dell’utilizzo e del godimento delle parti comuni dell’edificio, prevista dall’articolo 1102 c.c. In caso di contrasto tra le due discipline la norma speciale in materia di condominio prevale e determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà (Cass. 3 marzo 2014, n. 4936).

avv. Marco Landucci- avv. Elisa Vicariotto
Delegazione UPPI Casalecchio di Reno – Zola Predosa -Sasso Marconi