Recesso del conduttore e permanenza nell’immobile oltre il periodo di preavviso
Per regola generale sancita dall’art. 1372 del codice civile, il contratto stipulato tra una o più parti non può essere sciolto che per mutuo consenso: il che sta a significare che, per aversi tale effetto, tutte le parti firmatarie di un contratto (siano esse due o più) devono essere d’accordo nel volerne lo scioglimento, non potendo una sola decidere unilateralmente con effetto vincolante anche nei confronti delle altre. Tale regola generale, tuttavia, soffre alcune eccezioni.
E’ il caso, ad esempio, del recesso unilaterale, che potremmo definire come il potere attribuito ad una o a tutte le parti firmatarie di un contratto di sciogliere unilateralmente il vincolo contrattuale. Se tale potere viene espressamente attribuito da una norma di legge in relazione ad un determinato tipo contrattuale, avremmo il c.d. “recesso legale”; se invece detto potere viene attribuito da un preciso accordo delle parti stesse o da una specifica clausola contrattuale, avremmo allora il c.d. “recesso convenzionale”.
Nel caso dei contratti di locazione, stipulati sia per uso abitativo che commerciale, è la legge stessa a prevedere un diritto di recesso unilaterale in capo al conduttore (cioè all’inquilino … e solo a lui!) e a regolamentarne le modalità di esercizio: per le locazioni abitative, l’art. 4 della legge n. 392/1978, al primo comma consente un recesso convenzionale e al successivo comma un recesso legale: “Recesso del conduttore. I. E’ in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, con lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione. II. Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.; per le locazioni commerciali, è invece l’art. 27, comma settimo e ottavo, della medesima legge, che prevede tale potere, contenendo disposizioni pressoché analoghe al predetto articolo 4. In sostanza, come si evince dai su citati principi e disposizioni di legge, il conduttore ha facoltà di sciogliere unilateralmente il contratto di locazione semplicemente esercitando il proprio diritto di recesso, convenzionale o legale. L’unico obbligo gravante in capo al conduttore sarà quello di avvertire tramite raccomandata il locatore almeno sei mesi prima (c.d. “preavviso”); ne conseguirà che, dopo l’invio della raccomandata, l’inquilino dovrà corrispondere il canone per tutti i sei mesi del preavviso e dovrà, quindi, allo scadere dei medesimi, rilasciare l’immobile locato nella piena disponibilità del locatore.
Ma quali sono le conseguenze giuridiche nel caso che, scaduti i mesi del preavviso, l’inquilino non riconsegni l’immobile al locatore, come egli stesso d’altro canto aveva invece promesso in occasione del comunicato recesso, e persista nel detenerlo anche per vari mesi? Il Tribunale civile di Prato, con sentenza del 23 giugno 2011 (in Arch. Loc. e cond. n. 5/2011, pag. n. 665 e 666), offre sulla questione una prima interessante indicazione giurisprudenziale (e difatti, non constano, almeno a chi scrive, precedenti giurisprudenziali già pubblicati in altre riviste), decidendo sul seguente caso: una conduttrice aveva comunicato il proprio recesso in data 16 maggio 2007, con effetto (indicato nella raccomandata di recesso) dal 31 dicembre 2007; tuttavia, alla scadenza non riconsegnava l’immobile, continuando invece ad utilizzarlo, fino a restituirlo solamente in data 31 ottobre 2008 (quindi ben 10 mesi dopo lo scioglimento del contratto verificatosi a seguito del recesso). Detto tribunale pone a base della sua decisione il seguente principio: “il conduttore che, comunicato il recesso non ottemperi tempestivamente alla prescrizione – spontaneamente comunicata – di rilasciare l’immobile entro la data preannunciata, permanendo così nell’immobile, si rende responsabile di una condotta di abuso contrattuale, forte della detenzione qualificata del bene, vanificando le finalità del preavviso pur formalmente comunicato. Conseguentemente, egli va condannato al pagamento delle sei mensilità sostitutive del preavviso in funzione risarcitoria del danno cagionato al locatore”.
In sostanza, il Tribunale di Prato, premettendo che il preavviso di recesso ha la funzione di consentire al locatore di poter trovare altro conduttore del bene, afferma che, invece, proprio a causa del fatto che la conduttrice non aveva ottemperato tempestivamente a rilasciare l’immobile entro la data preannunciata del 31 dicembre 2007, il preavviso dato non aveva potuto esplicare la sua funzione. In conseguenza di ciò, perviene alla conclusione che la conduttrice, complice la mancata tempestiva restituzione dell’immobile, aveva così in qualche modo posto nel nulla (vanificato dice la sentenza) il preavviso, e poiché non ne aveva comunicato uno nuovo ed ulteriore, la medesima andava condannata al pagamento delle sei mensilità sostitutive del preavviso in funzione risarcitoria del danno cagionato ai locatori.
A modesto avviso di chi scrive, tuttavia, la tesi del Tribunale, si pone in contrasto con l’art. 1591 del codice civile disciplinante i danni per ritardata restituzione dell’immobile locato, soprattutto nella parte in cui, sostanzialmente, riconosce l’esistenza e quantifica in maniera forfetaria il danno in sei mensilità di canone. Ciò anche a mente del fatto che, in relazione a su detto articolo (il cui testo così dispone: “il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”), la Corte di Cassazione stessa ha più volte espresso il principio secondo il quale l’obbligo di risarcire il maggior danno, posto dall’art. 1591 c.c. a carico del conduttore in mora nella riconsegna della cosa locata, presuppone la specifica prova di un’effettiva lesione del patrimonio del locatore, consistente nel non aver potuto utilizzare direttamente e tempestivamente il bene, nella perdita di occasione di vendita ad un prezzo conveniente o in altre analoghe situazioni pregiudizievoli, la cui prova incombe al locatore, tenuto a dimostrare l’esistenza di ben determinate proposte di locazione o di acquisto e di concreti propositi di utilizzazione (cfr., ad esempio, Cass. Civ. n. 7499/07, n. 2525/06 e n. 10485/02) e secondo il quale il maggior danno di cui all’art. 1591 c.c. va provato in concreto dal locatore secondo le regole ordinarie (cfr., ad esempio, Cass. n. 6958/07 e n. 1224/06).
Secondo il nostro punto di vista, difatti, il contratto di locazione si scioglie per recesso del conduttore inevitabilmente alla data preannunciata nel preavviso (cfr. gli art. n. 4 e n. 27 della Legge n. 392/78), dovendosi comunque ritenere valido ed efficace il preavviso comunicato dall’inquilino, senza necessità di doverne comunicare uno ulteriore, nonostante egli non abbia poi restituito l’immobile alla data di scioglimento del contratto, restando il medesimo conduttore esposto, a cagione del ritardo nella riconsegna ed a fronte della disposizione di cui all’art. 1591 del codice civile, alla sola corresponsione di una somma pari al corrispettivo della locazione fino alla riconsegna; salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno causato al locatore che quest’ultimo provi rigorosamente di aver subito, non essendo ammissibile una quantificazione forfetizzata del danno, come di contro sostenuto dal Tribunale di Prato.
Comunque, resteremo in attesa di eventuali sviluppi giurisprudenziali sull’argomento, di cui possibilmente si darà notizia in occasione di un prossimo articolo.
Avv. GIUSEPPE PETIX
Consulente Legale UPPI – Delegazione di Pianoro