Separazione coniugale: trasferimento di proprietà

Separazione coniugale: trasferimento di proprietà

(Corte di Cassazione, sentenza n. 17908 del 4.07.2019)

Il caso. Tizio e Caio, creditori di Mevio, citano in giudizio Mevio e la sua ex-moglie per ottenere la revocatoria dell’atto di trasferimento con il quale, nell’ambito della separazione, Mevio aveva trasferito alla moglie la propria quota di proprietà della casa coniugale. Secondo i creditori tale trasferimento, con il quale il marito-debitore si era spogliato dell’unico bene di valore presente nel suo patrimonio, aveva il solo scopo di ledere la garanzia dei creditori e renderlo di fatto impossidente al fine di sottrarsi ai propri debiti.

Le decisioni dei giudici di primo e secondo grado. Il tribunale adito accoglieva la richiesta dei creditori ritenendo che il trasferimento tra il marito e la moglie avesse natura gratuita, poiché nell’ambito della separazione alla moglie era già stata corrisposta una somma di denaro a titolo di una tantum. Tale decisione però veniva modificata dalla Corte d’Appello la quale sosteneva che invece l’atto di trasferimento avesse natura onerosa e che fosse finalizzato alla soluzione compensativa dei rapporti tra i coniugi intercorsi nei quindici anni di relazione matrimoniale. I creditori impugnavano la sentenza sostenendo che non vi fosse alcun motivo inerente la separazione tale da giustificare il trasferimento immobiliare a favore della moglie.

L’orientamento dei giudici. La giurisprudenza della Corte di Cassazione riconosce ormai in modo consolidato che le attribuzioni patrimoniali da un coniuge all’altro, aventi ad oggetto beni mobili o immobili, attuate nell’ambito degli accordi di separazione e quindi di sistemazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, sfuggono alle connotazioni classiche della donazione vera e propria. Infatti, anche se al trasferimento non consegue la corresponsione di una somma di denaro, la gratuità tipica della donazione, ad esempio per spirito di riconoscenza, non può certo rinvenirsi nell’ambito del contesto di separazione, caratterizzato al contrario dalla dissoluzione della convivenza e dell’unione sia morale che materiale. D’altro canto però, non potrà nemmeno parlarsi di compravendita, atteso che, appunto, nessun prezzo viene pagato. Per tali ragioni, le attribuzioni tra coniugi svelano una loro tipicità e particolarità che li rende sì onerosi, ma qualora abbiano una funzione “solutoria-compensativa” ossia abbiano la funzione di riequilibrare e risolvere i rapporti patrimoniali tra i coniugi. Per comprendere se tali atti abbiano o meno tale funzione sarà necessario quindi considerarli non solo nel contesto complessivo della separazione ma anche alla luce dell’intero rapporto matrimoniale ormai conclusosi. In altre parole, che il trasferimento immobiliare o mobiliare tra un coniuge o l’altro sia oneroso o meno non può farsi discendere da una astratta esistenza di un obbligo di mantenimento a carico dell’uno o dell’altro, ma dalla esistenza effettiva e concreta di riequilibrare o ristorare il contributo che un coniuge ha apportato alla famiglia nel corso del tempo.

La decisione della Cassazione.  Nel caso all’esame della Corte il marito si era impegnato a corrispondere alla moglie il mantenimento per il figlio minore, ma si era altresì privato della propria quota di proprietà dell’immobile, le aveva trasferito titoli azionari, le aveva corrisposto un’altra somma di denaro, di fatto privandosi di tutto il suo patrimonio. La scelta del marito quindi, esaminate ulteriormente le rispettive situazioni reddituali, non è stata sorretta dalla necessità di regolare i rapporti patrimoniali con l’ex moglie, ma ha avuto il solo scopo di liberarlo di tutti i suoi beni, proteggendo così questi ultimi dalle azioni dei creditori. Per tale ragione la Cassazione ha ritenuto che la decisione dei giudici di secondo grado sia stata errata proprio nel qualificare l’atto di trasferimento a titolo oneroso, quando invece era palese la sua natura gratuita, oltrechè assolutamente arbitraria. La Corte ha quindi cassato la sentenza, rinviandola alla Corte d’Appello di Brescia per la decisione.

La massima. Ai fini della revocatoria, deve essere qualificato come gratuito l’atto con cui un coniuge, nell’ambito della separazione consensuale, ceda all’altro coniuge il 50% della quota di proprietà dell’immobile, adibito a residenza familiare, ove tale atto non sia giustificato dall’esigenza di riequilibrare o ristorare il contributo apportato dal coniuge al ménage familiare.        

Avv. Rosalia Del Vecchio

Delegazione UPPI Castelmaggiore