Il rapporto tra il conduttore ed il condominio
Una delle tematiche più spesso dibattute in ambito locativo è certamente quella relativa ai doveri ed ai diritti dell’inquilino nei confronti della compagine condominiale. Caso esemplare, sovente affrontato dalla giurisprudenza, è costituito dalle ipotesi di locazione commerciale, nelle quali il conduttore interviene a modificare le parti comuni condominiali installando, insegne, canne fumarie, impianti di aerazione, o impianti di condizionamento particolarmente generosi nelle dimensioni, quando non anche eccessivamente rumorosi.
Ci si chiede, dunque, in quali termini e con quali modalità il conduttore possa godere delle parti comuni, utilizzando facciate, lastrici, cortili, androni, oppure intervenire a modificarle, e quali siano, in tal caso, i limiti che è chiamato a rispettare e, non ultimo, quale sia la posizione del proprietario locatore nel caso di violazione di tali limiti e comunque di azione giudiziale del condominio.
Il rapporto tra l’inquilino ed il condominio è disciplinato da due distinte fonti: la prima fonte va individuata, naturalmente, nel contratto di locazione e la seconda dalla normativa vigente. Va da sé che l’ultima contiene la prima e che dunque il contratto non potrà mai essere contrario alle norme imperative.
Come noto, di norma il contratto di locazione impone al conduttore, oltre al rispetto delle regole di civile convivenza, l’osservanza delle norme del regolamento condominiale, sia esso di natura assembleare o contrattuale. In tale ultimo caso, peraltro, sarà il locatore stesso a dover verificare, prima della sottoscrizione del contratto, se le norme regolamentari condominiali – che sappiamo essere particolarmente cogenti se il regolamento ha natura contrattuale – contrastano con le facoltà ed i diritti concessi al conduttore per mezzo della locazione. Per esemplificare, se il regolamento condominiale contrattuale vieta l’esercizio di attività di bed&breakfast in condominio, la locazione che abbia ad oggetto tale attività sarà impugnabile dal condominio stesso, con grave responsabilità del locatore sia nei confronti della compagine condominiale, sia nei confronti del conduttore che non fosse a conoscenza di tale divieto all’atto della sottoscrizione del contratto.
Un altro tra i principali doveri che gravano sul conduttore, in forza del contratto di locazione, è costituito dall’obbligo di pagamento delle spese condominiali (incluse tra gli “oneri accessori” nel contratto di locazione): come noto, tuttavia, obbligato in via principale per il pagamento di tali somme è il solo proprietario, non avendo il condominio azione diretta verso il conduttore, ma potendo agire nei confronti del solo condòmino, il quale avrà poi azione di rivalsa verso l’inquilino moroso.
Diversamente, non si può fare riferimento al testo contrattuale per definire i termini e le modalità della facoltà di godimento o di utilizzo delle parti comuni condominiali, quando non anche di modificazione delle stesse, in quanto tali aspetti sono disciplinati dalla legge, ancorché non in modo esplicito e sono stati dunque oggetto di una interpretazione giurisprudenziale che negli ultimi decenni si è andata via via consolidando.
Come anticipato, accade sovente che il conduttore – in particolare se la locazione ha natura commerciale – abbia necessità di fruire di spazi comuni (quali ad esempio cortili, marciapiedi, portici, facciate, lastrici, etc.) o di modificarli ed in tal senso è necessario chiarire, in primo luogo, se può agire e a quale titolo e conseguentemente con quali limiti.
Al primo quesito va data risposta positiva.
Al conduttore, secondo una giurisprudenza di legittimità costante, è consentito trarre dalla cosa locata tutte le utilità inerenti al suo normale godimento, nelle quali sono incluse, dunque, anche quelle relative al godimento delle parti comuni condominiali, con il medesimo contenuto e con le medesime modalità che appartengono al proprietario, salve solamente quelle che siano state espressamente vietate dal contratto di locazione e quelle che siano invece confliggenti con il diritto dello stesso proprietario o con i diritti dei terzi (ex plurimis: Cass. Civ. Sez. III 24.10.1986 n. 6229; Cass. Civ. Sez. II, 3.5.1997 n. 3874; da ultimo Cass. Civ. Sez. II, 26.5.2021 n. 14598).
Allo stesso modo sono disciplinate per il conduttore le facoltà di modificare le parti comuni condominiali, nella stessa misura e con gli stessi termini che appartengano al proprietario e che non siano stati esclusi dal contratto né confliggano con il diritto del proprietario o dei terzi.
Quanto al secondo aspetto, i limiti che la giurisprudenza individua per l’esercizio di tali facoltà sono da distinguersi in limiti c.d. interni e limiti c.d. esterni.
I primi – limiti c.d. interni – afferiscono alla funzione che connoterà il godimento o la modifica delle parti comuni che dovrà essere necessariamente imperniata e correlata con il godimento (o il miglior godimento) dell’unità immobiliare locata, quale oggetto primario della locazione. Dunque, il conduttore non potrà porre in essere atti di godimento o di modificazione delle parti comuni che non riguardino (né abbiano quale principale scopo) il godimento od il migliore godimento dell’unità immobiliare locata.
Quanto, invece, ai limiti c.d. esterni, essi afferiscono alla tutela della destinazione d’uso delle parti comuni ed altresì la facoltà di farne pari uso in capo agli altri condòmini (come previsto ex art. 1102 c.c.). In specie, va ricordato che la modifica delle destinazioni d’uso delle parti comuni dovrà rispettare sempre i noti criteri di legge della sicurezza, della stabilità e del decoro architettonico dell’edificio. Con riferimento a tale ultimo criterio, in particolare, è opportuno rammentare che la modifica del decoro architettonico non si verifica quando si ha una semplice modificazione delle linee architettoniche dell’edificio, ma quando se ne modifica l’insieme armonico, indipendemente dal pregio estetico o storico-artistico dello stabile.
Nel caso di violazione dei predetti limiti, il condominio può agire direttamente (e sovente lo fa) contro il conduttore in solido con il proprietario, il quale, peraltro, potrà comunque essere chiamato in causa a garanzia da parte del conduttore (a mente dell’art. 1585 c.c.) trattandosi di contestazioni (tecnicamente definite “molestie”) in punto di diritto avanzate nei suoi confronti da parte del condominio, che veste qui la qualità di terzo.
Vi è così il concreto rischio che il proprietario, ancorché non intenda costituirsi nel giudizio tra il Condominio ed il conduttore, sia comunque coinvolto in una lite giudiziale: va annotato che, in tal caso, laddove si intendesse vendere l’unità locata a terzi, dovrà espressamente pattuirsi con il conduttore e con il condominio l’estromissione dal giudizio in corso, poiché altrimenti si resterà coinvolti nello stesso giudizio quali sue Parti originarie.
Appare prudente, in conclusione, definire per quanto possibile già all’atto della sottoscrizione del contratto, con quali modalità e quali termini il conduttore intende usare o modificare le parti comuni condominiali così da disciplinarle con esattezza e da prevenire eventuali liti che coinvolgerebbero la proprietà.
Avv. Lorenzo Cottignoli