Impianti elettrici e permesso di passaggio

Impianti elettrici e permesso di passaggio

Sono obbligato a consentire ad una società di telefonia di passare nel mio terreno con i suoi pali telefonici?  A chi spetta sostenere le spese per lo spostamento o la rimozione di fili, cavi, impianti o pali di comunicazioni elettroniche presenti sulla nostra proprietà?

Per rispondere a questa domanda, che in molti ci pongono, occorre fare alcune premesse.
La materia è regolata dagli articoli 91 e 92 del d.lgs. 259/03 (Codice delle comunicazioni elettroniche, d’ora in avanti C.c.e.), che ha raccolto la disciplina contenuta nel precedente Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e gli impianti elettrici (r.d. n. 1775 del 1933).
Le norme riguardano gli impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, e quelli ad uso privato quando, per motivi di pubblico interesse, siano dichiarati di pubblica utilità con apposito decreto del Ministero delle comunicazioni (art. 115 r.d. n. 1775/33).
Le norme prevedono, a carico del titolare del fondo, una serie di limitazioni al godimento del suo diritto di proprietà.
Da un lato, infatti, l‘art. 91 del C.c.e. stabilisce che:
– non e’ necessario il consenso del proprietario per consentire il passaggio di fili o cavi senza appoggio al di sopra di proprietà private o dinnanzi ai lati degli edifici dove non ci siano finestre o aperture praticabili a prospetto;
– il proprietario o il condomino non può opporsi all’appoggio di antenne, sostegni, il passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro impianto occorrente per soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o condomini;
– il proprietario è tenuto a sopportare il passaggio nell’immobile del personale dell’esercente, quando sia necessario per installare, riparare o effettuare interventi di mantenimento degli impianti di comunicazione elettronica.
In questi casi il titolare del fondo non ha diritto ad alcuna indennità, ma per non comprimere eccessivamente il suo diritto di proprietà, che è pieno ed assoluto, e’ previsto un obbligo anche per i gestori: gli impianti devono essere collocati in modo da non impedire il libero uso della cosa secondo la sua destinazione.
L’art. 92 C.c.e., stabilisce, invece, che al di fuori delle ipotesi sopra menzionate, il diritto dell’esercente al passaggio sul suolo, nel sottosuolo o sulle aree soprastanti la proprietà, quando vi sia appoggio di cavi, fili ed impianti connessi alle reti di comunicazione elettronica, è imposto dalla legge anche senza il consenso del proprietario (servitù coattiva, art. 1032 e 1056 c.c.).
Il proprietario, infatti, ha sempre la facoltà di definire i contenuti della servitù e la sua durata tramite un contratto (servitù che dovrà essere trascritta ai sensi dell’art. 2643 c.c.) o per testamento.
In caso di impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico o ad uso privato dichiarati di pubblica utilità, tuttavia, la servitù non necessita dell’accordo del proprietario (si veda anche art. 119 e ss. r.d. 1775/33). Occorre ugualmente un atto costitutivo, rappresentato da un atto dell’autorità amministrativa, sia questo autorizzativo all’installazione dell’impianto o un decreto espropriativo (d.p.r. 327/01, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità).
Se e’ in possesso del titolo autorizzativo (di natura volontaria, o coattiva), il gestore del servizio di comunicazione elettronica può esercitare sulle proprietà private le facoltà elencate all’art. 121 del r.d. n. 1775/33.
Anche l’art. 92 C.c.e., però, al comma 6 prevede un temperamento alla limitazione imposta al proprietario del fondo, e cioè: “la servitù deve essere costituita in modo da riuscire la più conveniente allo scopo e la meno pregiudizievole al fondo servente, avuto riguardo alle condizioni delle proprietà vicine”.
Rimane ferma, inoltre, la possibilità per il proprietario “di fare sul suo fondo qualunque innovazione, ancorché’ essa importi la rimozione od il diverso collocamento degli impianti, dei fili e dei cavi, ne’ per questi deve alcuna indennità, salvo che sia diversamente stabilito nella autorizzazione o nel provvedimento amministrativo che costituisce la servitù” (art. 92 comma 7 C.c.e.).
Questa disposizione va integrata con quanto stabilito dall’art. 122 del r.d. n. 1775/33, mantenuta in vigore dal Codice delle comunicazioni elettroniche. L’articolo ribadisce che, salvo le diverse pattuizioni che si siano stipulate all’atto della costituzione della servitù, il proprietario ha facoltà di eseguire sul suo fondo qualunque innovazione, costruzione o impianto, ancorché’ essi obblighino l’esercente dell’elettrodotto a rimuovere o collocare diversamente le condutture e gli appoggi, senza che per ciò sia tenuto ad alcun indennizzo o rimborso a favore dell’esercente medesimo.
Il contenuto delle due norme sopra citate porta ad affermare che i costi per lo spostamento dei cavi o degli impianti di reti di comunicazioni elettroniche sono sempre a carico dell’esercente, a meno che il provvedimento amministrativo o la servitù volontaria non prevedano diversamente (ad esempio questi potrebbero prevedere l’inamovibilità dell’impianto, o la perpetuità della servitù).
Tale impostazione è confermata da alcune pronunce giurisprudenziali, che affermano: “la regola generale, posta dall’art. 122 del testo-unico n. 1775 del 1933, è che la servitù per la installazione di linee elettriche sia di carattere amovibile, e cioè comporti il diritto potestativo per il proprietario del fondo di ottenere, a carico dell’esercente dell’elettrodotto, lo spostamento della linea, purché’ il proprietario stesso offra a tal scopo un altro luogo adatto all’esercizio della servitù” (T.A.R. Napoli – Campania, sent. n. 2763/04), nonché’: “l’art. 122 comma 4 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, che conferisce al proprietario del fondo gravato il diritto di ottenere lo spostamento dell’elettrodotto con obbligo per l’esercente di sopportarne le spese, si applica anche nell’ipotesi in cui la coattività della servitù, che ne costituisce il presupposto, derivi, anziché’ da un atto impositivo, da un contratto cui il proprietario del fondo addivenga per evitare che l’imposizione della servitù di realizzi comunque imperativamente” (Tribunale Ivrea 18 settembre 2000 n. 300).
Nei fatti, accade che chi intende chiedere lo spostamento di un palo o di un cavo, rappresenti questa esigenza alla società telefonica, che per lo più risponde affermativamente presentando all’utente dei preventivi per importi elevati. Ebbene, considerato quanto prevede la legge, in questi casi è consigliabile rispondere al gestore diffidandolo ad adempiere, e nel caso adire le vie giudiziarie.

Sarebbe sempre utile quindi visionare con attenzione l’atto che disciplina la servitù , sia essa contrattuale o coattiva, determinante prima di valutare un’eventuale azione legale contro il gestore.

Il privato che voglia far valere le proprie ragioni contro il gestore (Telecom, Enel, ecc.) riguardo l’installazione di impianti senza autorizzazione o riguardo indebite richieste di pagamento dovrà rivolgersi al giudice ordinario (Giudice di Pace solo per quanto previsto dall’art. 7 cpc). Sul punto si è più volte espressa la Cassazione sezioni unite (sentenze 5679/1980, 207/1986, 4190/1990) e anche il TAR Campania (sentenza 2452/2004).

Se ci si oppone ad un provvedimento amministrativo (di servitù coattiva), invece, ci si deve rivolgere al TAR, come confermato dal Consiglio di Stato con sentenza 7262/2003.

Queste domande ci vengono poste ripetutamente e, pur se è vero che ogni caso va valutato a parte, diventa necessario chiarire alcuni punti comuni che spesso non vengono tenuti in considerazione. Purtroppo invece la materia è complessa e una risposta secca può rivelarsi insufficiente, se non dannosa.
E se parliamo di impianti elettrici?
Secondo l’articolo 1056 del codice civile, Ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche, in conformità alle leggi in materia”.
Le servitù di elettrodotto consentono di:
– collocare ed usare condutture sotterranee od appoggi per conduttori aerei e far passare conduttori elettrici su terreni privati e su vie e piazze pubbliche, impiantare cabine di trasformazione o di manovra necessarie all’esercizio delle condutture;
– infiggere supporti ed ancoraggi per conduttori aerei all’esterno dei muri o facciate delle case rivolte verso le vie o piazze pubbliche, a condizione che vi si acceda dall’esterno e che i lavori siano eseguiti con tutte le precauzioni necessarie sia per garantire la sicurezza e l’incolumità, sia per arrecare il minimo disturbo agli abitanti. Di tali servitù sono esenti le case, salvo le facciate verso le vie e piazze pubbliche, i cortili, i giardini, i frutteti e le aie delle case attinenti;
– tagliare rami degli alberi che si trovano in prossimità dei conduttori aerei e che quindi possano, con caduta, causare corti circuiti od arrecare inconvenienti al servizio o danni alle condutture;
– far accedere lungo il tracciato delle condutture il personale addetto alla sorveglianza e manutenzione degli impianti e a compiere i lavori necessari.

 

Per gli impianti idrici?
Ex art.1033 del codice civile
“Il proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle acque di ogni specie che si vogliono condurre da parte di chi ha, anche solo temporaneamente, il diritto di utilizzare per i bisogni della vita o per usi agrari o industriali.”

Titoli necessari
Per gli interventi di cui sopra non è necessario il consenso del proprietario del fondo o dell’immobile. E’ però necessario vi sia un atto costitutivo che sancisca e precisi i vincoli, la servitù volontaria (quindi contrattuale, dettagliata col consenso del proprietario, se questo c’è) o coattiva, ottenuta tramite atto dell’autorità giudiziaria o amministrativa. In alcuni casi la legge prevede, a fronte della servitù, il pagamento di un indennizzo.

Nei casi dove non è invece necessario il consenso del proprietario (quelli per i quali la legge non prevede vincoli) il gestore del servizio (Enel, Telecom, il gestore idrico) che intende agire anche senza accordi, quindi senza poter sottoscrivere una servitù contrattuale/volontaria, deve munirsi di un’autorizzazione dell’autorità competente (amministrativa o giudiziaria) che imponga la servitù e determini l’indennità dovuta al proprietario.

In termini generali se il titolo c’è e il proprietario si rifiuta di agevolare l’accesso alla sua proprietà ai fini suddetti, il gestore del servizio che intende installare l’impianto può agire in giudizio per far rispettare la legge.

Il proprietario ha facoltà di opporsi alle servitù imposte con atti amministrativi, facendo ricorso al Tar ma tenendo ben presente i vincoli di legge. Altrimenti l’azione è inutile con conseguente condanna al pagamento delle spese di giudizio. Per agire contro il gestore, invece, è competente il giudice ordinario.

Il contenuto dell’atto che disciplina la servitù è determinante per capire quali siano i vincoli a cui è sottoposto il proprietario e, conseguentemente, le sue facoltà di azione rispetto ad essi.

Conseguentemente:
Per gli interventi di manutenzione, conservazione o spostamento eseguiti su iniziativa del gestore il proprietario deve consentire accesso all’immobile/fondo, mettendosi d’accordo sui tempi e le modalità di esecuzione dei lavori. Al proprietario, a meno che la servitù non dica diversamente o a meno che non vengano eseguite opere che giovano al fondo servente, non va addebitata alcuna spesa.

Da notare che in questi casi il gestore può munirsi di un provvedimento amministrativo che obbliga il proprietario a far eseguire determinati lavori (servitù coattiva), e che detta legge. Contro tale provvedimento stesso il proprietario è libero di opporsi giudizialmente.

Avv. Marco Landucci

Fonte ADUC, codice civile, del d.lgs. 259/03.