Superbonus 110%: guida agli interventi

Le condizioni necessarie per accedere al superbonus al 110% per i lavori di efficientamento energetico e consolidamento strutturale sono molteplici e, prima di farsi allettare o spaventare dalla mole di verifiche e adempimenti, occorre innanzi tutto eseguire uno studio di fattibilità che ha un duplice obiettivo:

  • individuare la combinazione di interventi che consentono di accedere al Superbonus
  • indicare, in caso contrario, le agevolazioni fiscali alternative (bonus facciate, ecobonus,…) che potrebbero ugualmente rendere interessante l’investimento.

Senza tornare ad elencare tutte le condizioni necessarie (per le quali si rimanda all’articolo “Tutto sul superbonus” pubblicato nel numero di settembre di questa rivista) vogliamo qui concentrarci soltanto sull’aspetto progettuale o meglio sull’individuazione degli interventi più idonei per aspirare a questa allettante opportunità.

Come ormai noto, per accedere all’Ecobonus 110% è necessario realizzare almeno uno dei due interventi trainanti: posa del cappotto termico e/o sostituzione del generatore di calore.

Se la sostituzione dell’impianto richiede che esso sia centralizzato (a parte ovviamente il caso delle unità immobiliari indipendenti per le quali è agevolabile anche la sostituzione della caldaia autonoma) e che il generatore (caldaia a condensazione, pompa di calore, sistemi ibridi,…) garantisca determinate prestazioni minime, la realizzazione del cosiddetto “cappotto” richiede varie condizioni:

  • la superficie trattata deve essere superiore al 25% di quella disperdente intesa come quella che separa gli ambienti riscaldati delle unità immobiliari dall’esterno o da altri ambienti “freddi” come scala, cantine, sottotetti,.. Questa definizione deve essere tenuta sempre a mente perché è importante sapere per esempio che nel calcolo del 25% (ed anche nel conteggio delle spese agevolabili) nel caso in cui l’ultimo piano di un condominio ed il tetto esterno siano separati da un sottotetto non riscaldato, rientra la coibentazione del pavimento del sottotetto ma non quella del tetto perché separa l’esterno da un ambiente non riscaldato;
  • i materiali isolanti devono rispettare i CAM acronimo di Criteri Ambientali Minimi: questi criteri sono stati introdotti per molte categorie merceologiche tre quali, con il decreto del Ministero dell’Ambiente del 11/10/2017, per l’edilizia e prevedono una serie di caratteristiche che i materiali per l’edilizia devono obbligatoriamente possedere al fine, in buona sostanza, di essere più “sostenibili” per l’ambiente in fase di produzione, di utilizzo e di smaltimento finale alla fine del ciclo di vita. Il produttore attraverso un’idonea etichettatura del materiale attesta la rispondenza ai CAM del proprio materiale;
  • la trasmittanza delle pareti (o dei solai in quanto l’isolamento può interessare le strutture verticali, pareti, oppure quelle orizzontali, solai, o infine quelle inclinate, tetti a falda) sulle quali viene applicato l’isolamento deve essere prima dell’intervento superiore ai valori minimi stabiliti dal Ministero dello Sviluppo Economico e, dopo l’intervento, rientrare in quel minimo. La ratio è che l’intervento dev’essere rivolto a strutture che lo necessitano realmente (non ha senso isolare una struttura che ha già un’ottima trasmittanza) e che esso deve conseguire un risultato minimo garantito. Il parametro utilizzato per la valutazione è la trasmittanza definita come la quantità di calore che attraversa la superficie in un dato intervallo di tempo: è evidente allora che la parete o il solaio saranno tanti più isolati quanto più bassa sarà la loro trasmittanza.

Supponiamo ora lo studio di fattibilità abbia dimostrato che il doppio salto di classe sia raggiungibile sia con il cappotto che con la sostituzione del generatore.

Nel caso si dovesse fare una scelta quale dei due scegliere?

A favore della scelta impiantistica giocano la durata dell’intervento (la parte di lavori è condensata in un mese o poco più) e quindi il minimo disagio per i condomini, il costo dell’investimento che è di regola sensibilmente inferiore a quello del cappotto.

Dal punto di vista economico vanno poi evidenziati due aspetti:

  • al di là di quanto proclamato dalle imprese, non tutto l’investimento probabilmente sarà sempre recuperato in quanto vi saranno alcune spese che non sono direttamente collegabili al Superbonus;
  • nel caso, verosimilmente piuttosto frequente, della cessione del credito (a banche o altri soggetti) o dello sconto in fattura (nel confronti dell’impresa) vanno stimati i costi e gli oneri finanziari che potrebbero azzerare il 10% di vantaggio fiscale (superbonus – costi intervento) e costituire un costo residuo a carico del proprietario dell’immobile.

Per analizzare invece i vantaggi dell’installazione del cappotto, occorre invece prima di tutto comprendere bene il fine e i mezzi del Superbonus, in altri termini la logica che gli sta dietro.

Se il superbonus 110% è il mezzo, il fine sono la transizione ecologica, la riqualificazione energetica, il comfort abitativo, la messa in sicurezza sismica e la qualità architettonica delle nostre abitazioni.

Il legislatore nell’emanare il DL Rilancio (poi convertito nella Legge 77/2020) ha messo in campo uno strumento potente che potrebbe avere un positivo effetto a cascata sull’ambiente, sulla qualità urbana, sulla nostra salute e, infine, sulla nostra economia.

L’importante è tenere distinto il fine dal mezzo. Non sovrapporli e, soprattutto, non invertirli.

Purtroppo il dibattito si sta incartando sulle sottigliezze interpretative della Circolare dell’Agenzia delle Entrate e, parallelamente, i tanti soldi messi sul tappeto hanno fatto venire l’acquolina in bocca a tanti che vedono soltanto i vantaggi economici immediati (risparmio sui lavori) dimenticando che il vantaggio va compreso soprattutto dal punto di vista culturale e progettuale.

Grazie agli incentivi concessi si prospetta un’opportunità unica per tutti i proprietari di immobili: occorre abbandonare la logica miope dell’impossessarsi il più velocemente possibile di un tesoretto, e ragionare invece su un orizzonte temporale più ampio, ponendo alla base delle proprie scelte l’obiettivo di conferire al proprio immobile caratteristiche più moderne, sicure, funzionali e quindi in ultima analisi acquisire un valore più elevato.

Passando ad un piano più concreto, gli investimenti effettuati dovranno avere l’obiettivo non di solo di realizzare lavori a costo zero, ma piuttosto di rendere il nostro immobile più accogliente e gradevole (anche dal punto di vista estetico), con un migliore comfort abitativo, togliendo per sempre muffa e condensa dai nostri muri, rendendo vivibili i nostri appartamenti sia nel freddo dell’inverno che nel caldo delle estati afose, magari risparmiando pure sui costi della bolletta energetica.

Tutto ciò richiede però un approccio corretto che va al di là di calcoli esclusivamente economici e progetti la qualità sia delle nostre case e della nostra vita: nessuno di noi vorrebbe realizzare un intervento che, seppur gratuito, alla fine, dopo i disagi e le preoccupazioni del cantiere non migliori o addirittura peggiori la qualità complessiva dell’edificio.

Tornando al quesito se sia meglio sostituire un generatore di calore oppure realizzare il cappotto, per valutare appieno la convenienza dell’intervento occorre un corretto approccio metodologico che non può non considerare, tra gli altri, i seguenti elementi:

  1. il comfort abitativo, e cioè la salubrità degli ambienti (assenza di muffa e condensa) e la percezione fisica di benessere, è determinato principalmente da tre parametri: la temperatura interna, che deve stare attorno ai 20 °C in inverno e ai 26 °C in estate, l’umidità relativa interna, che deve essere compresa fra il 40% e il 60%, e la temperatura superficiale delle pareti rivolte verso l’esterno;
  2. i cosiddetti “ponti termici” sono i principali responsabili della formazione di muffa e condensa all’interno delle abitazioni, del discomfort abitativo e dello spreco, perché causano un abbassamento della temperatura superficiale interna dei muri posti verso l’esterno;
  3. il fabbisogno energetico di un edificio (cioè la quantità di energia che deve fornire il generatore di calore (caldaia tradizionale, a condensazione, la pompa di calore…) per mantenere costante la temperatura interna di 20 °C in inverno o 26 °C in estate, dipende dalle perdite per trasmissione (cioè l’energia termica che “oltrepassa” l’involucro esterno e che viene quindi persa), dalle perdite per ventilazione (l’energia dispersa attraverso le finestre, quando sono aperte, e attraverso gli spifferi), dagli apporti energetici interni (dovuti al calore prodotto dagli abitanti e dagli elettrodomestici) e dagli apporti solari attraverso le finestre.

 

Detto precedentemente degli indubbi vantaggi della soluzione impiantistica, la realizzazione del cappotto va considerata alla luce dei vantaggi che fornisce proprio in relazione ai tre punti sopra indicati:

  • Confort abitativo: la corretta posa del cappotto termico influisce positivamente su tutti e tre i parametri mentre la mera sostituzione degli impianti di climatizzazione difficilmente riesce ad ottenere i medesimi effetti positivi.
  • Ponti termici: il cappotto termico, se ben progettato e ben posato, può mitigare o annullare gli effetti negativi dei ponti termici, mentre la sostituzione degli impianti di climatizzazione non produce alcun effetto risolutivo di tale problema.
  • Fabbisogno energetico: la quantità di calore che attraversa l’involucro dell’edificio è funzione delle sue caratteristiche per cui una casa con un isolamento efficiente ha un valore di fabbisogno basso. Il contributo positivo del cappotto è in particolare legato alla diminuzione delle perdite per trasmissione nel senso che in inverno il calore interno alle abitazioni viene trattenuto ed in estate il calore esterno fatica ad entrare. In altre parole occorre meno combustibile per riscaldare (o raffrescare), la bolletta energetica è più bassa, l’inquinamento è minore.

La conclusione che si deve trarre dalle considerazioni espresse non deve però indurre a preferire sempre l’isolamento a cappotto: l’approccio deve essere comunque partire sempre dallo studio dell’immobile, dei suoi pregi e dei suoi difetti.

Non esiste una soluzione valida in tutti i casi, ma l’obiettivo principale del progettista è proprio quella di individuare tra gli interventi possibili (tra i quali, se vogliamo godere del Superbonus, dovrà necessariamente esserci uno trainante), quell’intervento o, più spesso, quella combinazione di interventi che, oltre ad assicurare auspicabilmente il doppio salto di classe, risponda alle esigenze di quell’immobile, in funzione delle sue caratteristiche edilizie, impiantistiche, funzionali, ambientali, ma anche e soprattutto soddisfi le esigenze non solo economiche delle persone che vi abitano elevando il loro livello di benessere ed, indirettamente, incrementi la qualità urbana delle nostre città.

 

Ing. Massimo Corsini