ORIENTAMENTI DEI GIUDICI – GIUGNO 2019
Spese condominiali: perché è importante impugnare la delibera.
Il quesito. Spese acqua in condominio: se il riparto è errato è legittimo il decreto ingiuntivo richiesto dal condominio?
La risposta della Cassazione. Sì, se è mancata l’impugnativa della delibera. Infatti, ove la delibera condominiale di approvazione e riparto del consuntivo di spesa (relativo al servizio di erogazione idrica) non sia stata impugnata, come nella specie, essa assume efficacia vincolante e l’addebito di consumi, eventualmente erroneamente contabilizzati dal contatore dell’unità individuale, potrà essere fatto valere appunto con l’impugnazione della delibera di riparto della spesa e non con l’opposizione al decreto ingiuntivo, attenendo alla legittimità della prima e non alla fondatezza della pretesa azionata con il secondo. Nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, tra i quali rientrano le spese per l’erogazione dell’acqua, il giudice dell’opposizione deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo tale sindacato riservato al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate. L’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è, infatti, ristretto alla sola verifica dell’esistenza ed efficacia della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere. (Cassazione, ordinanza 28.03.2019 n. 8685).
Locazione commerciale.
Il quesito. È legittima la rinuncia preventiva all’indennità per la perdita di avviamento?
La risposta della Cassazione. No. La Suprema Corte, infatti, ha osservato che, la clausola di rinuncia preventiva all’indennità di avviamento è nulla, a meno che non sia prevista una vera e propria “contropartita” che la giustifichi. L’art. 79 della legge 392/1978 non impedisce al conduttore di rinunciare all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, purché ciò avvenga successivamente alla conclusione del contratto. Sarà infatti necessario potersi escludere che il conduttore abbia sottoscritto tale clausola nella posizione di debolezza a tutela della quale è prevista la norma citata. Occorre evidenziare poi che il giudice, nel caso di rinuncia successiva alla stipulazione del contratto, è chiamato a stabilire se vi fosse o meno una effettiva corrispettività tra la rinuncia all’indennità da parte del conduttore e la contropartita offerta del locatore. Qualora quindi la “contropartita” avrà scarso rilievo, all’ora la rinuncia all’indennità sarà nulla (Cassazione, sentenza 07.03.2019 n. 6588).
Convocazione assemblea di condominio: l’avviso non ritirato
Il quesito. L’avviso non ritirato quando si presume conosciuto dal condomino ?
La risposta della Cassazione. In tema di condominio, il termine dilatorio di cinque giorni tra l’avviso di convocazione e l’adunanza di prima convocazione decorre dalla data in cui l’avviso è pervenuto all’indirizzo del destinatario, salva la possibilità per questi di provare di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. Nel caso di convocazione a mezzo di lettera raccomandata non consegnata al destinatario per assenza dello stesso, tale momento coincide con il rilascio da parte dell’agente postale del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, dal quale il condomino può ritirare la convocazione (Cassazione, sent. 25.03.2019 n. 8275).
Decoro architettonico in condominio.
Il quesito. Immobile già degradato: l’apertura di una finestra integra lesione del decoro architettonico?
La risposta della Cassazione. No. In tema di condominio non può parlarsi di lesione del decoro architettonico di un edificio causato da un’opera modificativa compiuta da un condomino, come l’apertura di una finestra, qualora il degrado del decoro architettonico sussisteva già prima di tale intervento a causa di altre modificazioni di cui non era mai stato chiesto il ripristino. Infatti, al fine di stabilire se le opere modificatrici della cosa comune abbiano pregiudicato il decoro architettonico di un fabbricato condominiale, devono essere tenute presenti le condizioni in cui quest’ultimo si trovava prima della esecuzione delle opere stesse, con la conseguenza che una modifica non può essere ritenuta pregiudizievole per il decoro architettonico se apportata ad un edificio la cui estetica era stata già menomata a seguito di precedenti lavori (Cassazione, sentenza 16.04.2019 n. 10583).
I poteri dell’amministratore revocato ma non sostituito.
Il quesito. L’amministratore revocato giudizialmente o nominato con delibera invalida conserva i suoi poteri di rappresentanza?
La risposta della Cassazione. Si,sino alla sua sostituzione. In tema di condominio negli edifici, nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della delibera di nomina dell’amministratore, e quindi tanto più ove ancora non sia stata pronunciata una sentenza dichiarativa dell’invalidità della medesima delibera, lo stesso amministratore continua ad esercitare legittimamente, fino all’avvenuta sostituzione, i poteri di rappresentanza, anche processuale, dei comproprietari. Ne consegue che l’amministratore di condominio, che pur si assuma nominato con delibera illegittima, finché non sostituito, può validamente anche conferire procura ad un difensore al fine di costituirsi in giudizio per conto del condominio (Cassazione, ordinanza 19.03.2019 n. 7699).
Mancata pulizia delle spiagge e risarcimento del danno.
Il quesito. Ustione sulla spiaggia a causa delle braci: chi risarcisce il danno?
La risposta della Cassazione. Il Comune. I giudici hanno infatti ribadito che i comuni, pur non essendo custodi della spiaggia ai sensi e per gli effetti dell’art. 2051 c.c., sono comunque tenuti alla rimozione dei rifiuti sugli arenili che rientrano nei perimetri urbani, competendo alla Regione quello relativo ai perimetri extraurbani. Di conseguenza, nel caso di braci non rimosse dalla spiaggia sarà responsabile il comune e conseguentemente tenuto al risarcimento dei danni. Infatti, la presenza delle braci è conseguenza del mancato rispetto della regola cautelare di pulire l’arenile, e perciò stesso non può considerarsi fatto imprevedibile ed inevitabile, posto che, pulendo adeguatamente, si sarebbe evitato il danno. È stato infatti osservato che la brace lasciata da chi ha acceso il falò è in realtà un rifiuto solido il cui smaltimento rientra negli obblighi del Comune, e la sua rimozione non presuppone attività di scavo o di bonifica, per le quali il Comune necessita di autorizzazione (Cassazione, sentenza 15.03.2019 n. 7362).
Addebito della separazione.
Il quesito. L’abbandono della casa coniugale è sufficiente per la pronuncia di addebito.
La risposta della Cassazione. No. È stato infatti ribadito dai giudici che “il fatto in sé dell’abbandono del tetto coniugale deve comunque essere provato non solo quanto alla sua concreta verificazione ma anche nella sua efficacia determinativa della intollerabilità della convivenza e della rottura dell’affectio coniugalis. La giurisprudenza ritiene infatti che non costituisce violazione di un dovere coniugale la cessazione della convivenza quando ormai il legame affettivo fra i coniugi è definitivamente venuto meno e la crisi del matrimonio deve considerarsi irreversibile (Cassazione, ord. 23.04.2019 n. 11162).